Disinformazione sul clima ben pagata: i giornali di parte

La disinformazione sul clima fa male, tanto quanto il cambiamento climatico stesso. Molti giornali minimizzano gli effetti dei fossili, altri danno la colpa genericamente all’uomo

Lunedì 30 luglio il quotidiano La Verità ha pubblicato una lunga intervista sul cambiamento climatico all’agronomo Luigi Mariani. Sul quotidiano di opinioni e articoli verso un’unica direzione ce ne sono molti: L’Eni puà aiutarci in Libia – è un altro titolo, ad esempio.

L’agronomia studia l’agricoltura, e un suo specialista sta alla questione climatica come un alpinista alla vulcanologia per intenderci. L’agronomo intervistato ha affermato che legge molto e che secondo lui quello della crisi climatica è un allarme ingiustificato, prima di lanciarsi in sentenze del tipo: sarà anche vero che se la concentrazione di CO2 raddoppia si avrà una temperatura più alta da 1 a 3 gradi centigradi, ma in compenso anche «la produzione dei pomodori in serra raddoppierà» e aumenterà anche «la bellezza e la varietà della vegetazione». Permettere all’industria di continuare con le emissioni, insomma, non solo non sarebbe un problema, ma un vero e proprio affare – secondo l’esperto. Quindi possiamo stare tranquilli.

Chi finanzia la disinformazione sui cambiamenti climatici, se non le industrie di fossili?

Poche pagine oltre l’intervista a Luigi Mariani, il quotidiano diretto da Maurizio Belpietro ospitava la pubblicità a tutta pagina di quello che è considerato proprio il più grande emettitore italiano di gas serra, ovvero la multinazionale petrolifera ENI.

Due giorni dopo invece, il 2 agosto, La Verità ha deciso di appaltare un’intera pagina direttamente alle ragioni dell’industria del petrolio, intervistando sul cambiamento climatico Andy May, di professione petrofisico. Dal suo curriculum vitae, consultabile sul web, si evince che, dal 1974 e fino alla pensione, May ha sempre lavorato per l’industria del gas e del petrolio, occupandosi anche di estrazione con la tecnica della fratturazione idraulica: una procedura devastante per l’ambiente e talmente pericolosa che l’Olanda l’ha vietata perché fortemente sospettata di causare terremoti.

Tra gli ex datori di lavoro di May figura la Exxon Mobil, multinazionale petrolifera americana che è il quarto emettitore di CO2 a livello globale e che – come ha evidenziato una recente inchiesta – conosceva gli effetti (definiti in un documento interno “potenzialmente catastrofici”) delle emissioni di CO2 sul clima dagli anni ’70, ma li ha tenuti nascosti. Non sorprenderà sapere che – nell’intervista rilasciata a La Verità – Andy May ha negato con convinzione che esistano prove del fatto che l’industria che gli ha dato da mangiare per tutta la vita abbia una qualche responsabilità nel cambiamento climatico in atto.

Nascondere un problema non lo elimina

Spesso si ritiene che la vulgata giornalistica che nega il problema del cambiamento climatico sia l’esatto contrario della corrente mainstream, rappresentata da giornali come La Repubblica o il Corriere della SeraEntrambe le narrazioni sono invece perfettamente accettabili dalle multinazionali fossili, che infatti continuano a sovvenzionare tutti e due i fronti della finta barricata con importanti sponsorizzazioni.

Se quotidiani come La Verità negano il problema, le altre testate giornalistiche lo ammettono (ed anzi portano avanti una intensa campagna), ma scelgono di non mettere mai nel mirino quelli che sono i reali colpevoli dell’aumento delle emissioni: ovvero le industrie fossili e quelle degli allevamenti intensivi. Quante volte leggiamo sui principali media che il cambiamento climatico è antropico, ovvero che avviene “a causa dell’uomo”? 

Questa definizione non significa niente. Dare la colpa genericamente agli uomini significa mettere sullo stesso piano i manager delle multinazionali fossili e i megaricchi che si muovono in jet privato con i lavoratori che non hanno i soldi per una nuova auto elettrica e con i popoli del Sud del mondo o indigeni che questa situazione, da sempre, la subiscono e basta.

In fondo, dare la colpa a tutti significa non darla a nessuno: una narrazione perfettamente utile a quei potentati economico-industriali che da decenni emettono gas serra e altre sostanze nocive impunemente.

Alcuni titoli di giornali

A volte non esiste un punto di vista diverso, a volte sembra così, leggendo alcuni giornali. Ne potremmo citare tanti, ma per dare solo un’idea, basterà leggere alcuni titoli dal quotidiano citato

“Catastrofi in calo nonostante i catastrofisti” – “Luigi Mariani, c’è voglia di terrorizzare le persone” – “Con la C02 le serre producono di più” – “Macché crisi, l’agricoltura è in crescita” – La Co2 è scesa a livelli troppo bassi. Vanno fermati i piani anti emissione”.

Più emissioni per tutti, dunque. In questo blog, abbiamo parlato molto anche di Greenwhashing, quando aziende di fossili, come ENI, provano a farci credere di aver intrapreso una seria svolta green. Lo fanno acquistando spazi pubblicitari, come avviene ogni anno con Sanremo. Finanziando giornali e mass media, manipolando l’opinione pubblica per fargli credere che loro amano l’ambiente.

Le colpe sono principalmente di chi lucra e anche molto su modelli industriali non più praticabili. Le colpe sono di quei giornali che, sovvenzionati dal potere di queste lobbies continuano a disinformare. I nove miliardi di persone nel mondo, subiscono le scelte di pochi. Ovvio, anche noi possiamo agire e mettere in atto cambiamenti nel nostro stile di vita. Abbandonando la plastica, non mangiando carne, scegliendo prodotti Bio, di aziende che per produrre non hanno ucciso l’ambiente o sfruttato il lavoro e cose del genere. Ma mettere sullo stesso piano chi ha assassinato la nostra terra, e continua a farlo con chi ne è vittima è una vera eresia, un’ipocrisia che equivale allo stesso omicidio che le multinazionali di morte compiono.

Fonte: Lindipendente

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