Querela per diffamazione sui social, come fare?

Diffamazione sui social: La violenza che dilaga sotto ogni punto di vista chiede attenzione e strategie efficaci. La diffamazione verbale o sui social è un tipo di violenza molto insidioso

Molti sono i casi di suicidi, proprio per eventi legati alla diffamazione sui social. Recentemente, si è molto discusso del caso di Giulia Cecchettin. Il padre e la sorella sono stati pesantemente attaccati sui social, per le loro parole, per il semplice fatto di essersi esposti nel richiamare l’attenzione verso un problema reale, che sta facendo strage di innocenti.

Nei giorni scori è arrivata la notizia che sia Gino sia Elena Cecchettin stanno querelando i leoni di tastiera. Bisogna arginare, in tutti i modi questo cattivo costume, che in alcuni casi provoca dei veri drammi. infatti, persone deboli, come ad esempio, gli adolescenti, spesso non reggono alla vergogna e al fatto di essere diffamati e giungono a gesti estremi.

Come si denuncia la diffamazione sui social?

Bisogna recarsi presso la stazione dei Carabinieri per sporgere una querela entro tre mesi dall’accaduto. Inoltre, si può decidere di affidarsi a un avvocato penalista, per farsi seguire in modo professionale, ed evitare di commettere errori.

In secondo luogo, i fatti devono essere descritti dettagliatamente, in modo preciso. Successivamente, viene aperta la fase delle indagini preliminari.

Le indagini hanno lo scopo di raccogliere materiale, che servirà per l’accusa. Gli elementi raccolti, se sono attendibili e sufficienti, viene aperto il giudizio in sede penale. In ogni caso, la vittima della diffamazione sui social può decidere anche di agire in sede civile, chiedendo in questo caso un risarcimento danni in denaro. Molti, optano per questa scelta, perché, si tratta di un deterrente contro questi crimini. I leoni da tastiera, impareranno, in questo modo che per ogni leggerezza, minacce ecc. saranno costretti a sborsare denaro.

Cos’è la diffamazione? Con che somma viene risarcita la diffamazione?

Cosa significa diffamare qualcuno? Diffamare significa offendere la reputazione e l’onore di una persona. Tale reato è previsto dall’articolo 595 del codice penale. La norma nello specifico dice quanto segue:  “Chiunque, al fuori di alcuni casi specifici, comunicando con più persone, offende l’altrui reputazione” è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a euro 1.032,00”. Ne consegue che l’offesa della reputazione viene intesa come una lesione delle qualità personali, morali, sociali, professionali, di un individuo, quando, in altre parole, è lesa l’immagine, l’onore e la dignità. Come si legge sul sito Altalex – in una recentissima pronuncia, la Corte Suprema ha annullato la sentenza di assoluzione dal reato di diffamazione emessa nei confronti dell’imputato di quel processo, il quale -in una chat di un gruppo “whatsapp”- aveva utilizzato il sostantivo “animale” per indicare in maniera spregiativa il bambino che aveva procurato una ferita al volto della figlia.

In particolare, nel caso di specie, la Corte ritenne che paragonare un bambino ad un “animale” assumesse indubbiamente portata offensiva e diffamatoria (v. Cass. pen., sez. V, 27/05/2019, n. 34145). Esistono tante circostanze e varianti, come il diritto di critica e il diritto di cronaca, nel caso di giornalisti. Tale diritto a dei limiti: 1) la verità oggettiva dei fatti dichiarati; 2) l’interesse pubblico alla conoscenza del fatto (nel senso che la critica non si deve risolvere in offese “gratuite”); 3) la c.d. continenza espressiva; 4) ed inoltre deve essere congruamente motivato.

Non rappresentano reato, ad esempio, le recensioni sui siti di come Tripadvisor, Amazon ecc., in quanto un’attività commerciale, è di fatto esposta anche a eventuali commenti negativi.

Questo è solo l’inizio.
Infatti, c’è bisogno che che l’offesa provenga da un soggetto che comunica con più persone (devono essere almeno due anche se non presenti allo stesso momento).
L’offesa alla reputazione deve inoltre realizzarsi in assenza della persona diffamata.
Il reato avviene nel momento della percezione da parte del terzo delle parole diffamatorie.
Il reato di diffamazione ha diverse forme: verbale o con gesti e infine, sui social.

La diffamazione sui social è uguale al reato contemplato dall’articolo 595, comma 3, del Codice penale che punisce con la reclusione da sei mesi a tre anni o con la multa minima di 516 euro chi offenda l’altrui reputazione comunicando con il mezzo della stampa o con un mezzo di pubblicità. Secondo la Cassazione la diffamazione sui social si inquadra nei mezzi di pubblicità. E’ sempre importante rivolgersi a un legale, perché, si tratta di una materia di non facile interpretazione. Esiste, infatti, anche la diffamazione aggravata.

Diffamazione sui social: Esempi

Commenti a un post sui social (Facebook, instagram ecc.), ma anche su Whatsapp – sono esmepi di diffamazione sui social. La polizia postale dovrà poi individuare i profili da cui provengono minacce e offese. Anche se, molto spesso i profili sono fake, la polizia postale riesce a individuare i responsabili dell’attività diffamatoria, con potenti strumenti a sua disposizione.

Ad esempio, Elena Cecchettin ha ricevuto offese e minacce sui social: “Ha simboli satanici e fa la recita” è una delle frasi sotto accusa. I social si sono scatenati, e il leoni da tastiera sono venuti allo scoperto, ma troveranno pane per i loro denti. C’è chi mal sopporta il momento di notorietà della famiglia e attacca il papà che va in Tv. C’è chi attacca la nonna, che approfitta per fare pubblicità al suo libro.

Non dimentichiamo, che subito dopo il tragico epilogo, sono nati sui social anche gruppi che inneggiavano all’assassino Turetta. La salute mentale, purtroppo è un altro tema da trattare seriamente nel nostro paese, e non solo.
Le offese si possono palesare in frasi o parole, ma anche foto o immagini, come vignette offensive. La persona che ha subito un’offesa sui social può denunciare il fatto all’autorità giudiziaria.

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