Queste sono le storie che vogliamo sentire, quelle che ci fanno sperare. La speranza è che possiamo far valere i nostri diritti e pretendere di vivere in un pianeta più sano. In Norvegia sono stati bloccati nuovi giacimenti
La recente vittoria degli attivisti per il clima della Norvegia, ci dimostra che possiamo sperare. Il Governo è stato trascinato in tribunale e così gli attivisti sono riusciti a bloccare l’apertura di nuovi giacimenti di petrolio e gas nel Mar del Nord.
Questa storia a lieto fine risale al nel novembre 2023, quando gli attivisti avevano portato lo Stato norvegese in tribunale, sostenendo che le approvazioni dei tre giacimenti di Breidablikk (dove è coinvolta Vår Energi, azienda detenuta in parte dall’italiana ENI), Yggdrasil e Tyrving violassero la Costituzione norvegese, la legge dell’Area Economica Europea e gli impegni internazionali sui diritti umani della Norvegia.
Violazione dei diritti
I governi e le multinazionali violano i diritti fondamentali solo per i profitti. Infatti, secondo le associazioni il Ministero dell’Energia norvegese aveva ignorato la Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti dell’infanzia durante l’approvazione dei progetti in questione.
La sentenza finalmente è arrivata. Il tribunale distrettuale di Oslo ha dato ragione a Greenpeace e Natur og Ungdom, bloccando l’avvio delle estrazioni. Nella storica sentenza, emessa lo scorso 18 gennaio, viene chiarito che le approvazioni che riguardano i giacimenti di combustili fossili non sono valide. Ma c’è di più: i giudici hanno vietato allo Stato norvegese di concedere nuovi permessi necessari per costruirne altri. Una vera vittoria su tutti i fronti.
La Corte ha evidenziato i problemi inerenti la procedura del processo di approvazione, evidenziando la mancanza di un’adeguata partecipazione pubblica, e ha sollevato l’inadeguatezza delle approvazioni ai sensi del diritto dell’Unione europa. Un altro aspetto fondamentale sottolineato dai giudici è il diritto dei minori ad essere ascoltati, che sarebbe stato salvaguardato attraverso udienze pubbliche che avrebbero dovuto svolgersi in concomitanza con le valutazioni di impatto ambientale richieste dalla legge.
Sempre più persone, in particolare quelle più colpite dal cambiamento climatico, utilizzano i tribunali per proteggere i propri diritti dalla crisi del clima. – concludono gli attivisti di Greenpeace, soddisfatti del risultato ottenuto – Questa sentenza conferma che le cause climatiche funzionano, ed è un altro punto di riferimento per tutte le cause legali sul clima in corso nel mondo.
In Italia, infatti, anche ENI (attuale Plenitude – può cambiare nome e faccia ma la sostanza è sempre quella!) è costretta a rispondere spesso nei tribunali, per i reati commessi contro l’ambiente. Eni continua a fare greenwashing e nasconde l’aumento delle sue emissioni con soluzioni fasulle come la cattura e lo stoccaggio di CO2, che fino ad ora non ha mai funzionato, oppure schemi di offsetting forestale che, seppur attivi da decenni, non hanno protetto le foreste che continuano a degradarsi, dichiarano Greenpeace Italia e ReCommon.
La strada è ancora lunga, ma oggi sappiamo che nella lotta per i propri diritti, si può vinvere persino contro Golia.
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Poche pagine oltre l’intervista a Luigi Mariani, il quotidiano diretto da Maurizio Belpietro ospitava la pubblicità a tutta pagina di quello che è considerato proprio il più grande emettitore italiano di gas serra, ovvero la multinazionale petrolifera ENI.
Due giorni dopo invece, il 2 agosto, La Verità ha deciso di appaltare un’intera pagina direttamente alle ragioni dell’industria del petrolio, intervistando sul cambiamento climatico Andy May, di professione petrofisico. Dal suo curriculum vitae, consultabile sul web, si evince che, dal 1974 e fino alla pensione, May ha sempre lavorato per l’industria del gas e del petrolio, occupandosi anche di estrazione con la tecnica della fratturazione idraulica: una procedura devastante per l’ambiente e talmente pericolosa che l’Olanda l’ha vietata perché fortemente sospettata di causare terremoti.
Fonte: Greenme

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