Terre rare: Come prepararsi ai dazi e a un’economia di guerra

La storia ci ha insegnato che la guerra può assumere mille forme diverse. Sconvolge, infatti, che oggi ci siano ancora guerre in cui siano impiegati mezzi militari, ma succede. Oltre alle bombe, le guerre vere sono principalmente quelle che riguardano le economie. Si tratta di tatticismi, strategie, battaglie per avere più soldi e quindi più potere.

Cosa sono le terre rare?

Le REE, acronimo di Rare Earth Metals, sono un gruppo di 17 elementi facenti parte della famiglia dei metalli. Cosa sono le terre rare? Le terre rare rappresentano 17 elementi chimici o metalli: Scandio, Ittrio e i 15 lantanoidi ovvero, nell’ordine della tavola periodica, Lantanio, Cerio, Praseodimio, Neodimio, Promezio, Samario, Europio, Gadolinio, Terbio, Disprosio, Olmio, Erbio, Tulio, Itterbio e Lutezio.

Sono conosciute come Rare Earth Elements (REE). Le terre rare sono suddivise a loro volta in base al peso atomico in: LREE, le cosiddette Terre Rare LeggereMREE – Terre Rare Medie – e HREE, vale a dire le Terre Rare Pesanti.

A cosa servono le terre rare?

Le terre rare in un’economia in continua evoluzione sono fondamentali. Infatti, questi elementi trovano impiego nelle rinnovabili, nell’industria aerospaziale, in quella militare. Inoltre, le terre rare servono per la costruzione di auto elettriche, fibra ottica, smartphone, altissima tecnologia.

Inoltre sono utilizzate nell’automotive, per le batterie ricaricabili, per la costruzione di turbine eoliche, dispositivi elettronici, come Tv e LCD, e infine, anche nel settore medico e nella raffinazione del petrolio. In pratica le terre rare rappresentano l’asse portante della nuova economia e di quella futura. Non a caso, il maggior esportatore di terre rare è la Cina. Oltre, anche agli USA, una piccola percentuale, il 10% lo esporta l’Australia e il Myanmar con il 10,5%.

Terre rare in Ucraina. In Ucraina, esistono miniere di gallio, grafite, titanio. In realtà si tratta di materie prime critiche, ma non strettamente terre rare. L’Ucraina, infatti, non figura tra i sedici paesi con alte riserve dei 17 elementi, chiamati terre rare. n Ucraina al momento non sono mai state trovate delle riserve sfruttabili di terre rare e a oggi non ne esporta. Kiev conta oltre 20 mila miniere (in maggior parte carbone e ferro) ed è leader per esempio nella produzione di titanio (componente fondamentale anche per la costruzione di missili).

Esiste una lista di paesi, nei quali sono presenti le terre rare, redatto dal Servizio Geologico degli Stati Uniti. Secondo l’Ente i maggiori detentori delle terre rare sarebbero: Cina, Brasile, India, Australia, Russia, Vietnam, Stati Uniti, Groenlandia, Tanzania, Sudafrica.

Bisogna anche dire che l’estrazione e la trasformazione delle terre rare richiedono specifiche competenze e particolari processi, anche pericolosi. Inoltre, si tratta di un mercato peculiare, non ufficiale, in quanto costellato da trattative private, con prezzi influenzati da fattori in continuo mutamento. In generale, le oscillazioni dei prezzi dipendono dalla Cina. In Asia orientale, oggi si sta cercando di regolamentare il mercato delle terre rare. Si cercherà, infatti di migliorare la filiera, controllare le estrazioni, l’uso e lo smaltimento. A tal proposito è stato avviato un progetto per un polo innovativo dedicato alla ricerca e lo sviluppo di nuovi materiali provenienti da queste risorse. L’estrazione di questi minerali è costosa anche per l’ambiente. In Groenlandia, ricca di terre rare, ad esempio, con il partito di sinistra ambientalista Inuit Ataqatigiit è in sospeso la costruzione di una miniera di terre rare, nociva per gli abitanti e per l’ambiente.

Riconvertire la nostra industria e acquistare Made in Italy

Certo, un’economia globale rappresenta è il raggiungimento di un equilibrio equo, che renderebbe il commercio libero, offrirebbe opportunità rilevanti, per i mercati, per l’occupazione e di conseguenza per il benessere generale dei cittadini. Ma un vecchio adagio recita che – in guerra tutto è possibile. Forse, questa frase è troppo cruenta, ma possiamo affermare che quando ci attaccano, almeno dobbiamo difenderci. Senza aggiungere altra violenza a quella che in questo periodo circola, possiamo combattere qualsiasi cosa, sempre dal basso – comprese le scelte dei potenti scellerati di turno.

Cosa possiamo fare contro i dazi americani?

La risposta globale è la più naturale possibile, eppure è la meno praticata. Dal basso o alto dei miei ideali, sogno sempre che i Vip non siano più inseguiti da gruppi di giornalisti, muniti di microfono e telecamere. In pratica, aspiro ad un mondo dove Vip e potenti non se li fila nessuno, ma proprio nessuno. La rivoluzione arriva dal basso – dicono – e la globalità è rappresentata da una popolazione vasta, che conta miliardi di persone e non è certo formata da due o trecento individui. È innaturale, persino pensare che due o tre dittatori possano decidere il destino del mondo. Eppure è ciò che accade.

Aspettarsi un’unica direzione di miliardi di persone forse è un’utopia assoluta, ma che potrebbe realizzarsi, anche se solo in parte. Ciò può avvenire a partire da consumi più consapevoli, magari ridotti. Un cambio rotta può arrivare dall’informazione, dal riciclo, dall’economia circolare, dallo stop allo spreco, dal cambiamento dello stile di vita. Quest’ultimo dovrebbe essere meno dipendente da petrolio, lusso, armi, farmaci – da tutti gli elementi che non fanno altro che produrre guerre, concentrando le ricchezze nelle mani di pochi.

Meno inquinamento, meno acquisti, meno plastica, più rinnovabili e così via.

Pensare ed attuare strategie di massa, ragionare con la propria testa, fare scelte consapevoli – è il miglior kit di sopravvivenza che possiamo portare sempre con noi.

Risposta europea ai dazi di Trump

L’Europa sta pensando a soluzioni per difendersi dai dazi americani. Secondo molti economisti, i dazi di Trump non porteranno a nulla di buono, sia per l’Europa, sia per gli Stati Uniti stessi. La presidente della Commissione europea Von der Leyen ha detto, innanzitutto che che Bruxelles «continuerà a cercare soluzioni negoziali» riguardo ai dazi imposti da Trump.

Inoltre, il clima che si respira in Europa è di calmo ottimismo e di cooperazione. Si dicono pronti alla guerra dei dazi, con risposte mirate ed efficaci. Siamo pronti a tutelare i nostri interessi economici e, se necessario, forniremo una risposta ferma, proporzionata, solida, ben calibrata e tempestiva a qualsiasi misura sleale e controproducente da parte degli Stati Uniti che raggiungerà l’impatto previsto. Anche se «voglio sottolineare ancora una volta che la nostra priorità è trovare una soluzione negoziata che funzioni per entrambe le parti e rafforzi la nostra relazione, che è, senza paragoni, la più forte al mondo. Le misure annunciate dagli Stati Uniti vanno nella direzione completamente sbagliata». La Commissione europea sta preparando le contromisure, che arriveranno tutte il 13 aprile.

I servizi della Commissione stanno lavorando per mettere a punto i dettagli. Si preparano contromisure sui previsti dazi sul whisky Usa, su vini e champagne europei. Tra gli altri già previsti nel quadro della risposta ai dazi su alluminio e acciaio, figurano prodotti Usa di Stati repubblicani come le moto Harley Davidson, carne di manzo e pollame, semi di soia, prodotti in legno, forni, stufe, congelatori, tosaerba e jeans. Di questi prodotti ne possiamo fare a meno? Possiamo sostituirli? possiamo autoprodurli?

Dazi americani: Come hanno risposto Cina, Giappone e Corea del Sud

Il rischio di creare tanti mercati nel mercato globale è forte. Mal comune mezzo gaudio. Oppure, con ottimismo, potremmo pensare a cose ritenute negative, come ad opportunità. Intanto Cina, Corea del Sud e Giappone hanno concordato di rafforzare il libero scambio tra loro come risposta ai nuovi dazi imposti da Trump.

L’incontro tra i tre paesi si è tenuti a pochi giorni dall’entrata in vigore dei dazi su molte importazioni americane, tra cui automobili, camion e componenti auto. Corea del Sud e Giappone, entrambi grandi esportatori di veicoli, insieme alla Cina, hanno sottolineato la necessità di accelerare i negoziati per un accordo di libero scambio trilaterale e di creare “un ambiente commerciale e di investimento prevedibile”. Nuovi accordi, dunque in vista. Possibilità che dovrebbero prevedere anche altri paesi. Secondo alcuni esperti, l’atteggiamento sui dazi di Trump non avrà vita breve oppure avrà una vita infelice.

Terre rare in Italia

L’estrazione di terre rare è rischioso e anche complesso, solo la Cina lo fa. In Italia, a Frosinone nasce il primo impianto che recupera terre rare da rifiuti tecnologici. Il paese in provincia di Frosinone si chiama Siamo a Ceccano. La sede dell’impianto pilota New-Re, è il primo stabilimento europeo di recupero delle terre rare dai rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettronica (Raee). La società è Itelyum, che da circa sessant’anni si occupa di riciclo di olio industriale esausto in Italia. L

Dalla fine del 2024, l’azienda ha deciso di riconvertire la sua produzione. Infatti, lavora nella gestione dei rifiuti complessi per le terre rare. Un esempio che dovrebbero seguire altre aziende, se non altro, perché l’estrazione dei diciassette elementi indispensabili per la transizione ecologica, la difesa e l’aerospazio, è molto pericolosa. Come riporta Avvenire – L’acido scioglie la polvere e la trasforma in una soluzione con tutti gli elementi scomposti. L’inquinante nichel viene rimosso; il resto finisce in un secondo reattore dove altri due prodotti chimici separano la parte ferrosa, più pesante, dalle terre rare alle quali viene aggiunto il carbonato. A questo punto, con una pressa, si toglie l’acqua e rimane l’ossido di terre rare, che si presenta come una sabbia simile al borotalco. «Inizialmente pensavamo che il prodotto ottenuto fosse un semilavorato – spiega Jirillo – invece abbiamo trovato un cliente al quale interessa così com’è e che lo riesce a reimpiegare per creare nuovi magneti permanenti. Il massimo della circolarità».

Grazie a un finanziamento dell’Unione europea incluso nei progetti Life riconosciuti per la circolarità, però, entro la primavera 2027 l’impianto diventerà industriale, cambierà nome in Inspiree e si ingrandirà: quattro linee di macchinari tratteranno 32mila tonnellate all’anno di Raee; tanto ma una briciola rispetto alle circa 320.000 tonnellate di Raee che vengono raccolte ogni anno in Italia e che a loro volta ammontano ad appena la metà dei rifiuti elettronici accumulati nel nostro Paese. Il tutto è creato in modo automatizzato, gestito da una quindicina di persone attraverso un pannello elettronico.

Ecco come essere grandi, senza essere la Cina.

Il riciclo, come il riutilizzo e tutte quelle tecniche che prevedono un suo intelligente delle risorse e del nostro territorio hanno molto potenziale. Sono, probabilmente l’unica via d’uscita per salvare il pianeta e vite umane.

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