Candidatura Daniela Di Maggio: Pioggia di insulti social, l’analisi di Luca Delgado

Esiste sempre un confine tra buonsenso e imbarazzo, fra ciò che è giusto e quello che non lo è. La candidatura di Daniela Di Maggio tra le fila del partito più antimeridionale ha suscitato molte critiche. Gli insulti sono altra cosa, sono da condannare sicuramente. Ma ci sono persone che non riescono ad esprimere il loro disappunto se non insultando.

La notte del 31 agosto di due anni fa, Giovanbattista Cutolo un giovane musicista di 24 anni, , chiamato Giogiò, veniva ucciso, a Napoli, con tre colpi di pistola. L’ennesima tragedia nel capoluogo campano ai danni di un ragazzo intervenuto per placare una lite per futili motivi.

L’assassino aveva solo 16 anni e proveniva dai “Quartieri Spagnoli”. Poi il dolore si rispetta, perché ognuno reagisce in modo diverso. Non si giudica chi per affrontare il dolore più grande si chiude in se stesso, chi se la prende con il mondo o chi scende in campo e decide di parlare, agire, aiutare gli altri.

Daniela Di Maggio, la mamma di Giogiò, già il giorno seguente al delitto, era sul luogo a gridare il bisogno di riportare la legalità, la normalità, la serenità nelle nostre città.

Candidatura di Daniela Di Maggio

La candidatura della madre di Giògio nella lega è apparsa subito come inopportuna, per diverse ragioni. Luca Delgado ha riassunto e fotografato con impeccabile obiettività la situazione in un post social:

Leggo in questi giorni un’accusa che mi fa rabbrividire: che Daniela Di Maggio, la madre di Giovanbattista Cutolo, stia “sfruttando” la morte del figlio per fare carriera politica. È una frase orrenda, la stessa che colpì Ilaria Cucchi dopo l’omicidio di suo fratello Stefano, o il papà di Giulia Cecchettin dopo il femminicidio della figlia. Ognuno trova un modo per affrontare il dolore: qualcuno si chiude nel silenzio, qualcun altro decide di combattere affinché non accada più. Non è calcolo: è il tentativo disperato di dare senso a un’ingiustizia.

Mettere in discussione la buona fede di qualcuno che intraprende una battaglia è un atto vile. A prescindere dai percorsi.

Piuttosto chiediamoci perché la signora Di Maggio, che rappresenta comunque il pensiero di una parte di Napoli, si aggrappi all’illusione che la Lega impedirà che quello che è accaduto a suo figlio accada ancora.

Più polizia, pene più severe. La Lega propone questo, perché questo è l’unico metodo che conosce la destra.

Allora diciamo che Napoli è già una delle città più presidiate d’Europa: circa 5.500 agenti di polizia, circa 4.200 Carabinieri, circa 1000 agenti di polizia municipale, questi numeri superano molte metropoli europee e solo lo scorso anno il governo, (perché ricordiamocelo, al governo c’è proprio la Lega) ha inviato in città quasi 500 nuove unità. Eppure i dati sulla criminalità non sono mai calati in modo significativo: più divise non hanno mai significato meno violenza.

Lo stesso vale per le pene più severe: per omicidio volontario la legge prevede almeno 21 anni fino all’ergastolo, ma pensiamo davvero che un ragazzo che tira fuori un coltello, o una pistola, si fermi a riflettere sul fatto che la pena potrebbe aumentare di 5 anni? “No aspè, qua anziché farmi 21 anni me ne faccio 26, meglio se metto via questa pistola”.

Che la signora Di Maggio ragionasse in un certo modo si era capito già dal suo deludente discorso a Sanremo. Questa ridicola divisione tra “Napoli bene” e “Napoli male” non denota solo una mentalità provinciale, è una classificazione che spacca la città perdendosi tra classismi, stereotipi, fobie, geografie mentali, luoghi comuni. Di certo il ragazzo che ha ucciso suo figlio non è dalla parte del bene, ma bene e male sono valori universali, non esclusivi di Napoli.

Un omicidio è un omicidio.

Vorrei chiedere alla signora Di Maggio se la “Napoli bene” di cui parla comprende una certa classe dirigente in giacca e cravatta che ha impoverito la nostra città sottraendo risorse e foraggiando un sistema di clientele che si è arricchito sulla pelle del popolo. Vorrei capire se secondo lei ne fa parte una certa politica sempre ben vestita che ha stretto rapporti con la camorra e ha lasciato che si inquinassero i nostri territori facendo morire di cancro i nostri familiari, la famosa terra dei fuochi di cui più nessuno parla.

Se ritiene ne facciano parte quegli imprenditori con gli abiti su misura e i figli che studiano a Londra che sfruttano i lavoratori e gli operai fino a farli schiattare, come Vincenzo Del Grosso, 54 anni, Ciro Pierro, 62, e Luigi Romano, 66, precipitati da venti metri in un cantiere in un quartiere della cosiddetta Napoli bene pochi giorni fa.

Giambattista, Giògiò, non è ahimè l’unica vittima di un sistema che affama, impoverisce e ammazza la gente che vive dalle nostre parti.

Di questo sistema, la Lega ne fa parte, hai voglia se ne fa parte. Come ne fanno parte gli altri partiti, attenzione. Diciamo che però la signora si è scelta proprio il peggio del peggio. Perché la Lega nasce ed esiste proprio con l’obiettivo di sottrarre al Sud, sono proprio le basi.

Alla signora Di Maggio dico un’ultima cosa:

Salvini non potrà mai parlare del bene di Napoli né del bene del Sud.

Non fino a quando non avrà fatto quello che William Wallace chiede a re Edoardo: bussare a ogni porta di ogni casa, di tutte le case del Meridione, o suonare a ogni citofono – quelli li conosce bene – per implorare perdono per quarant’anni di politiche antimeridionali, per gli insulti sputati addosso a Napoli, e per aver contribuito in modo determinante all’impoverimento strutturale, culturale, economico e sociale del Sud Italia.

Quando avrà fatto questo, e sempre per citare lo script di Braveheart, dovrà baciare le nostre nobili chiappe napoletane. Poi potremo ascoltare cosa ha da dire.

Lascia un commento

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.

Blog su WordPress.com.

Su ↑