Chi è Souzan Fatayer, la donna palestinese definita da Paolo Mieli “in sovrappeso”

Souzan Fatayer, Giorgia Meloni e Trump ieri. Cosa dicono le parole? La guerra delle parole diventa sempre più accesa. Certo, perché le parole hanno un peso, vogliono dire qualcosa, tracciare un segno, un confine, ribadire qualcosa. Dire anche, tu stai a posto tuo, scavalcare e cose del genere.

Questa mattina i giornali italiani si occupano delle parole pronunciate da Paolo Mieli, giornalista vecchio stampo, vecchio giornalismo, vecchio sistema, insomma passato.

Cosa ha detto Paolo Mieli nei confronti di Souzan Fatayer, esponente della comunità palestinese, candidata alle Regionali in Campania.

Paolo Mieli, durante la trasmissione di radio 24, emittente gruppo 24Ore, ha definito Souzan Fatayer, «una palestinese in leggerissimo sovrappeso» e poi ha continuato per spiegarsi meglio, come se ce ne fosse stato bisogno: «Se lì la campagna è sulla fame, la carestia… non lo dico come giudizio estetico…». La donna è nata a Nablus ma da 40 anni ormai è residente a Napoli, docente all’Università Orientale, mediatrice culturale e da tanti anni in difesa per i diritti della Palestina, candidata nella lista di Alleanza Verdi e Sinistra alle prossime elezioni regionali in Campania di novembre 2025

Tante e lunghe sono le sue battaglie. Nel 2024 si fece promotrice di una petizione “Portiamo la pace a Strasburgo”. I firmatari chiesero a Lucano e Borrelli di dare voce alla docente palestinese.

Ecco cosa c’era scritto nel testo della lettera del gruppo di sostenitori della docente universitaria

«Caro Mimmo Lucano, caro onorevole Francesco Emilio Borrelli – con questa lettera vogliamo innanzitutto complimentarci con voi per l’importante risultato elettorale, dimostrazione che il vostro impegno per il territorio paga.  Alle vostre spalle è arrivata, con un altro importantissimo risultato per la sua prima volta in politica, Souzan Fatayer. Sicuramente la conoscete, Souzan è una docente Italo-Palestinese di Lingua Araba, donna per la pace nel 2003 e 2005. Ha fatto per anni la volontaria di intermediazione culturale negli ospedali napoletani per permettere l’accesso alle cure dei bambini provenienti da territori in guerra. È una voce forte e potente che potrebbe smuovere le coscienze e riportare in agenda quella parola ormai scomparsa: Pace. Ciò che vi chiediamo in questa lettera è di fare un gesto per la Pace».

L’importanza delle parole

Vogliamo ancora parlare delle parole? Dobbiamo, è necessario mai come oggi. Possiamo parlare delle parole di Trump che definisce la Presidente del Consiglio italiano “Bella”. Ma poi dovremmo esprimere anche i concetti che Luciana Littizzetto ha detto con le sue parole sulle parole di Trump. (Chiedo scusa per il gioco di parole).

A che tempo che fa – Littizzetto, rivolgendosi direttamente a Meloni ha detto:

Chi ti scrive è una donna come te, una donna alla tua altezza, cioè suppergiù un metro e 57, che ti ha vista Sharm in quella storica giornata, ancora una volta impallata da Trump, quell’enorme braciola di carne pettinato come Donatella Rettore, costretta a un continuo e snervante gioco di tronco per farti vedere dalla platea e dai fotografi. Anche nella foto ufficiale stavi all’estrema destra, il che forse ti avrà fatto anche piacere, ma è talmente di lato che stavi per sconfinare in Libia. Ma perché lasci che ti trattino così, tu che nel tuo partito tieni tutti sull’attenti come il sergente di Full Metal Jacket. Biden ti considerava la sua nipotina e ti baciava sulla testa. Il premier albanese di Rama si è presentato in ginocchio come un tuo spasimante. Erdogan ti ha detto che ti farà smettere di fumare, che detto da un turco è il massimo.

E infine Trump, con i suoi modi da lumacone, il playboy col fisico da Playmobil che ti ha guardato e ti ha detto: “Posso dirti che sei bellissima, non ti dispiace, no?” Cosa potevi fare con gli occhi del pianeta puntati addosso? Persino io che ho il fanc*** più veloce del West sarei rimasta senza parole. Forse potevi dirgli: “Sono bellissima? Allora levami i dazi del 100% sulla pasta”. Ma ti pare?

Non è che Trump va a dire a Macron “sei un bel gnocco”, va da Putin e gli dice “stai benissimo pettinato così”. Fai attenzione, ma non farti intortare da questi qua, non farti blandire. Sono un gruppo di maschi in andropausa, con i modi e il cervello piantati ancora nel patriarcato.

Per loro tu puoi essere il Presidente del Consiglio vincitrice di un Nobel, vescovo o papessa, gran regina, matriarca del Regno delle Giovani Marmotte. Se non gli dici basta, loro guarderanno sempre e solo come sei fatta e a lungo andare conterai meno di un labubu appeso lo zainetto.

Se fai solo le faccine, anziché mandarli un po’ a stendere, non ne usciamo e tu lo devi fare per te e per tutte noi che abbiamo un’unghia del tuo potere e del tuo carisma. Se no finisce che all’estero sei un angioletto, un putto biondo con le ali. Poi quando varchi la soglia di casa sei Annibale, Attila e Pappalardo messi assieme. Sembri Hulk quando si infervora, ma diventi nera e non verde che fa troppo Lega. Allora ricordatelo, dentro ‘sta gente qua, ‘sti capi di stato vecchio stampo, si nasconde un Cro-Magnon, l’uomo del Paleolitico. Quando vedono una donna riescono a pensare solo questo.

Dire bella a una donna è un bel complimento e tu te lo meriti, ma non in una circostanza del genere. In un momento così ufficiale serve solo a tenerti sotto, a relegarci a un ruolo subordinato, ad annullare i tuoi meriti e le tue capacità. Trump non sta solo facendo il galante, sta tracciando confini, sta marcando il territorio come un labrador sui lampioni di una via del centro.

Succede anche a noi, dappertutto, anche a chi non è Presidente del Consiglio, nei luoghi di lavoro, nelle università, nello sport, in televisione, dappertutto. Se provavano a dire sei bellissima alla Thatcher o alla Merkel, un minuto dopo gli facevano ingoiare la cravatta.

È vero che non è che fossero proprio le Kessler, ma con i Cro-Magnon devi essere dura dal minuto uno, perché capiscono solo quella roba lì. L’idea che si possa fare politica con gentilezza e senza usare il pene come sciabola nemmeno gli sfiora il neurone cranico. Ma tu pensa a me.

Non so se fossi stata tu a fare i complimenti a un collega, sai che bordello sarebbe successo? “Ciao Erdogan, sei contento di vedermi o hai una stecca di Malboro nei pantaloni?”Ahhhhhhhh! Il mondo va avanti, le cose cambiano, per fortuna. Prima o poi bisognerà farlo capire anche a Trump. Immagino quanto sia complicato, ma dammi retta, la prossima volta che fa il cicisbeo, poi dopo lo prendi da parte sorridendo e gli dici: “Donald, però così mi metti in imbarazzo. Quale bella! Dillo Melania, sempre se ti ricordi come è fatta, visto che ha dei cappelli grossi come i lampadari della Kartell”. Bella ce lo dovrebbero dire i nostri mariti, i nostri compagni, le nostre compagne, gli amanti, Jovanotti quando canta ‘Bella’. Al lavoro invece non siamo belle, siamo brave, intelligenti, preparate o scarse, inette, pasticcione. Siamo affidabili o da lasciar perdere, ma per quello che dice il nostro lavoro, non lo specchio.

Comunque poteva anche andarti peggio. Pensa se oltre a dirti bella ti avessero salutato con bella ciao come è successo a me”.

Oppure dovremmo usare le parole di Lorenzo Tosa che riferendosi a Mieli dice:

Invece di scusarsi – figuriamoci – Mieli ha rincarato la dose, tanto per far capire che non si è trattato di una semplice gaffe. “Se lì la campagna è sulla fame, la carestia… non lo dico come giudizio estetico…” Siamo al livello di Sechi quando dichiara di “non vedere tanti dimagriti a Gaza”. Secondo la propaganda filo-israeliana il suo aspetto non renderebbe Fatayer all’altezza di parlare di carestia. Ma vi rendete conto del livello di mostruosità a cui siamo arrivati? Faccio per altro sommessamente notare a Mieli che Souzan Fatayer vive in Italia da 40 anni. Quaranta! Dall’anno in cui a Napoli è arrivato Maradona.

Souzan Fatayer è attivista, docente italo – Palestinese universitaria di lingua Araba, è stata volontaria di intermediazione culturale negli ospedali napoletani per permettere l’accesso alle cure dei bambini provenienti da territori in guerra. Nel suo curriculum chilometrico ci sono master, corsi di formazione che non si può nemmeno immaginare. Insomma un’esplosione di idee, concetti, lavoro e impegno. Ma non solo, Souzan Fatayer è un ponte con il mondo Arabo (dio solo sa se ne abbiamo bisogno!); è l’esempio lampante di integrazione, di qualcuno che arriva dall’estero (e che molti chiamano immigrato, straniero, delinquente ecc.) e vive, lavora, restituisce al paese che l’accoglie mille volte di più di quanto riceve. Questo lo dico pensando a chi nasce in Italia e vive questo suo status come un diritto assoluto. Questo lo dico pensando alla parola parassita e al suo significato. Chi è parassita?

E in tutto questo, l’unica cosa che un giornalista oltrepassato dice o vede o guarda è il sovrappeso, ancora una volta l’aspetto fisico. Ma davvero le donne sono solo belle, magre, grasse e come dice Littizzetto, non possono essere brave, capaci e intelligenti?

Quanta arretratezza, quanto patriarcato, quanto squallore in quelle parole pronunciate in una trasmissione radio ascoltata da tante persone! Si può cadere tanto in basso?

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