Io non ho più voglia di funzionare – Non faccio Gpt di cognome – Funzionare per chi, perché?
Non voglio, non mi va, io questa settimana non funziono, chiedete il rimborso se potete, rinunciate alla prova, rottamatemi, io questa settimana giro.
Elemosino ospitalità a un letto, a una città, non sono bravo, non rendo, non funzionerà la mia testa, le mie mani non toccheranno nulla che io non voglia! Sto fuggendo? è evidente da qualcosa, dal mio umore, dalla casa ma non voglio sentirmi in colpa. In colpa per chi, perché?
Ragazzi!! Non faccio Candy di cognome, faccio Prati.
Che cerchi un campo largo vi sembra così storto? che scappi anche lontano vi sembra così strano? Io questa settimana non funziono! Se scappo vuol dire che sono prigioniero e i prigionieri hanno diritto di scappare.
Semplicemente meraviglioso questo video-post di Edoardo Prati, uno dei giovani – tanti per fortuna – che fanno ben sperare per il futuro. Sono loro gli Influencer che dialogano con i loro coetanei, che hanno qualcosa da dire, che sanno far funzionare la testa.
Centocieci con lode a questa nuova generazione che ha molto da insegnarci!
In poche parole, Edoardo Prato ha tratto una linea netta tra IA e umanità, ha fatto una sorta di paragone, ha messo in contrapposizione – ma non troppo – la tecnologia e l’essere umani.
“Non funziono”; mai avevamo sentito una tale frase riferita ad un umano, vero? Edoardo Prati lo ha fatto in un video che spiazza, che ci inchioda ad una riflessione profonda su chi siamo e su dove siamo diretti. Non siamo perfetti. Anche io posso rompermi, non funzionare come un elettrodomestico, come internet o come l’intelligenza artificiale. Per scherzo, ma non troppo applica lo stesso linguaggio con il quale si pensa al mondo Tech, al mondo degli umani. E visto che ormai tutto è a portata di mano, il cellulare è un prolungamento della mano, che con un click compro, dialogo, rido, dormo, mangio allora, tanto fale trasportare quella umanità (non perfetta) in un mondo che sembra, almeno dall’esterno, perfetto.
La tecnologia, la corsa alle cose sempre più sofisticate ci fanno dimenticare di essere umani. E quando la società e il mondo ci vuole perfetti e funzionanti, performanti, brillanti, impeccabili – fa bene sentire. Non funziono, questa settimana non funziono, rottamatemi, fate come vi pare!
Teniamo d’occhio questi giovani, coltiviamo la loro sensibilità, appoggiamo il loro impegno.
Prati, in un altro video dice:
Non siamo una generazione problematica, siamo una generazione che problematizza, il che vuol dire una generazione forse più consapevole in merito ad alcuni temi – temi che hanno assunto l’importanza che hanno oggi, di certo per un motivo.
Avere consapevolezza di sé sta sempre sulle palle a qualcuno, e credo che la critica derivi da questo. Però io non la chiamerei e non mi direi parte di una generazione problematica, quanto più di una generazione che sta cercando di fare i conti con se stessa”.
Il giorno in cui l’esercito israeliano abbordò le navi della Flottilla, ha postato alcune parole che meriterebbero di essere incise sulla pietra:
Israele sta abbordando le imbarcazioni della Flotilla. Questo è un giorno in cui si scoprono le carte di un gioco osceno che, forse annebbiati dalla lunga illusione di pace in cui abbiamo vissuto, abbiamo permesso che si svolgesse e a cui, forse, abbiamo partecipato.
Prima di arrivare a questo siamo stati dei cittadini attenti? Dobbiamo essere tutti chiamati ad un sussulto di coscienza e interrogarci: abbiamo nutrito la pace? Abbiamo cercato la pace? Abbiamo studiato la pace? Abbiamo amato la pace? Abbiamo curato la pace?
Mentre ci pensiamo stesi nei nostri letti, convinti di essere sempre al sicuro da tutto, chiediamo a chi ci dovrebbe rappresentare di attivarsi. Chiederlo non è una questione partitica, è una questione POLITICA, è sempre una questione politica quando ne va della nostra sorte.
Sì, la sorte dei palestinesi e degli attivisti della flotilla È la nostra sorte.
Parlare di idee, di ciò che ci limita, di orizzonti
«Ma Quand’è che studiare è diventato una gara?» è la denuncia di una studentessa, durante l’inaugurazione dell’anno accademico all’Università di Padova.
Laureato più giovane d’Italia. Si suicida all’università, aveva mentito alla famiglia sugli esami inventati. A 23 anni è medico, per me il sonno è tempo perso. 5 lauree in sei anni, studente dei record racconta il suo metodo geniale. Studentessa di 19 anni si suicida all’università: La mia vita è un fallimento.
In questo modo inizia il discorso della Presidente degli studenti dell’Università di Padova. E ancora:
Sentiamo il peso di aspettative asfissianti. Ci viene insegnato che fermarsi significa deludere le aspettative sociali, e molto spesso familiari.

Lascia un commento