Il buco dell’ozono antartico è stato quest’anno il meno esteso e duraturo dal 2019: un segnale che le misure del Protocollo di Montreal stanno funzionando.
Ozonosfera: secondo i dati diffusi dal Copernicus Atmosphere Monitoring Service (Cams) nel 2025 il buco dell’ozono sopra l’Antartide, che si forma ogni anno generalmente nel mese di settembre e la cui durata ed estensione dipendono da fattori meteorologici e dalla concentrazione di sostanze inquinanti, si è richiuso il 1° dicembre. Ne deriva che è stato il meno esteso e duraturo dal 2019.
Cos’è l’ozonosfera? Si tratta della stratosfera terrestre (15 e 50 km di altitudine) dove si concentra l’ozono. Quest’ultimo è un gas composto da tre atomi di ossigeno, che serve per filtrare i raggi nocivi UV, ma al tempo stesso è dannoso vicino alla troposfera. L’ozono può irritare gli occhi e le vie respiratorie.
Il buco dell’ozono in genere si richiude verso la metà o la fine di dicembre. Quest’anno si è aperto relativamente presto, precisamente ad agosto, e ha raggiunto la sua estensione massima i primi di settembre, quando misurava circa 21 milioni di km2 (ben sotto i 26 milioni di km2 raggiunti nel 2023).
NASA e NOAA lo hanno classificato come il quinto più piccolo dal 1992. «Tutto ciò riflette il costante progresso che osserviamo anno dopo anno nel recupero dello strato di ozono grazie al divieto delle sostanze ozono lesive», afferma Laurence Rouil, direttrice del Cams.
La buona notizia arriva per il secondo anno dopo un triennio negativo, durante il quale il buco dell’ozono era stato ampio e duraturo. Non sono ancora chiare le cause di questi dati insoliti, registrati tra il 2020 e il 2023: tra le ipotesi potrebbero esserci eventi eccezionali come i forti vortici polari antartici del 2020, gli incendi australiani del 2019-2020, e l’eruzione del vulcano sottomarino Hunga Tonga del 2022 nell’Oceano Pacifico.
Quando la comunità internazionale collabora può ottenere buoni risultati ambientali
Il progresso degli ultimi due anni, conclude Rouil, «dovrebbe essere celebrato come un monito di ciò che si può ottenere quando la comunità internazionale lavora insieme per affrontare le sfide ambientali globali».
Gli sforzi sono serviti: grazie alle norme stabilite dal protocollo di Montreal, un trattato internazionale firmato nel 1987 con l’obiettivo di eliminare gradualmente l’uso delle sostanze che riducono lo strato di ozono, in particolare i clorofluorocarburi, ora il buco si sta rimarginando.
Ma è davvero una buona notizia? Secondo uno studio pubblicato su Atmospheric Chemistry and Physics, c’è un lato negativo inaspettato: se combinato con la crescita dell’inquinamento dell’aria, l’ozono potrebbe contribuire a far aumentare la temperatura terrestre del 40% in più di quanto stimato fino ad ora.
I risultati evidenziano che riparare il buco dell’ozono è un’ottima idea per la nostra salute (dal momento che farlo ripristina la barriera contro i raggi ultravioletti), ma un po’ meno per l’ambiente: si stima che tra il 2015 e il 2050 l’ozono intrappolerà 0,27 watt di calore extra per metro quadrato di superficie terrestre, diventando nel 2050 il secondo maggior contribuente al riscaldamento globale dopo la CO2 (la cui quantità di calore extra intrappolato è pari a 1,75 watt per metro quadrato).
Cosa dobbiamo fare dunque, riaprire il buco dell’ozono?
Evidentemente no! Però i benefici per la nostra salute delle proibizioni alle sostanze che danneggiano l’ozonosfera sono certi, e le decisioni prese a Montreal devono essere rispettate comunque.
Inoltre, i ricercatori sottolineano l’importanza di aggiornare le politiche climatiche attuali, tenendo conto del contributo dell’ozono all’aumento del riscaldamento globale.
Ultimamente, parlare di ambiente è sempre più difficile. Gli incontri e le Cop servono a poco, poiché la maggior parte dei paesi, almeno le super potenze che maggiormente inquinano, non vogliono saperne di attuare misure in favore del cambiamento climatico.
Da questo punto di vista non stiamo vivendo un periodo felice. Basti pensare agli Stati Uniti, che si sono sfilati da molti accordi riguardanti il clima e le emissioni. Ma pensiamo anche alla Cina e ad altri paesi. Inoltre, la disinformazione dilaga a macchia d’olio. Molta stampa, anche in Italia è negazionista per ragioni diverse, tra cui motivi economici.
Curiosità ambientali
Cosa aspettarsi dal cambiamento climatico?
Contro il cambiamento climatico, noi inguaribili idealisti e sentimentali, possiamo fare le nostre azioni quotidiane. Tutte quelle che riguardano i consumi e gli sprechi, la raccolta differenziata, la riparazione e il riutilizzo, il riciclo ecc.
Ma come ci possiamo preparare agli eventi estremi? Innanzitutto, imparando ad adeguare il nostro stile di vita alle condizioni che continueranno a cambiare. Ad esempio, a causa del riscaldamento globale diventeranno rari:
- Caffè
- Zucchero, in Indonesia la produzione è già diminuita del 30%
- Grano duro per la pasta. Iniziamo a trovare alternative
- Vino. Alcune zone non saranno più idonee per i vigneti
- Cioccolato. Le cause legate alla siccità e al calore
- Le fragole. Chissà se resisteranno alle alte temperature?
- Salmone e trote. Il riscaldamento globale sta influendo sulla popolazione di questi pesci
- Birra. Gli ingredienti, come il luppolo potrebbero non resistere al calore
- Miele. Cause: insetticidi, inquinamento, distruzione delle piante.
- Meno neve, meno vacanze sulla neve
Fonte: Focus

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