L’Europa è ancora viva: Auto, Bruxelles conferma il target del 2035 ma apre ai carburanti sostenibili

La Commissione europea ha rivisto in target del Green Deal per quanto riguarda il settore automobilistico. Infatti, ha introdotto misure più morbide alla transizione. Dal 2035 non scatterà più lo stop totale ai motori termici.

Le case automobilistiche avranno l’obbligo di ridurre le emissioni del 90% compensando il 10% con biocarburanti, e-fuel o acciaio a basse emissioni prodotto nell’Unione Europea. Che stia arrivando una reazione dell’Europa ai dazi, al protezionismo e alla spietata guerra commerciale che imperversa nel mondo, che vedono in prima linea Cina e Stati Uniti non è solo una sensazione.

La revisione regolamentare mira a decarbonizzare il settore auto garantendo competitività europea. Detto in altre parole, per costruire auto, i produttori si rivolgeranno molti di più al mercato interno, insomma al made in Europe. Le cose fatte a casa nostra. Alla faccia di chi sostiene che l’Europa non esista o che sia morta, oppure che sia agonizzante.

Dopo una difficile gestazione, la Commissione europea ha partorito martedì 16 dicembre una revisione del controverso regolamento sulle emissioni nocive delle auto.

Si apre, dunque la porta a motori ibridi e ai motori termici. In questo modo, si agevolano anche le industrie che avrebbero dovuto riconvertire la loro produzione. Ci sarà tempo per adeguarsi, in modo indolore. Ovviamente, si parla delle nuove auto, mentre chi ha auto a benzina potrà continuare a utilizzarle.

La messa su strada di questi motori dovrà però essere compensata dall’uso di acciaio verde o di carburanti moderni. Un significativo cambio di passo per l’ambiente e per l’economia di casa nostra.

Si legge nel comunicato della Commissione: «Dal 2035, le case produttrici dovranno rispettare un obiettivo di calo delle emissioni del 90%, mentre il restante 10% dovrà essere compensato attraverso l’uso di acciaio a basse emissioni di carbonio prodotto nella UE o di carburanti sintetici o biologici. Ciò consentirà alle auto ibride plug-in, agli estensori di batteria, alle auto ibride leggere e ai veicoli con motore a combustione interna di continuare a svolgere un ruolo anche dopo il 2035».

«Tutte le potenziali emissioni aggiuntive generate da tali flessibilità dovranno essere pienamente compensate a monte», ha precisato in una conferenza stampa a Strasburgo il commissario al mercato unico Stéphane Séjourné.

Inoltre, la Commissione europea ha illustrato modifiche normative per facilitare la produzione e la vendita di auto elettriche di una lunghezza massima di 4,20 metri.

I vantaggi: «Bonus all’acquisto, programmi di rottamazione, condizioni di parcheggio favorevoli, esenzioni o riduzioni dei pedaggi, e ricarica a tariffa ridotta». Ha notato il commissario Séjourné: «Questi veicoli beneficeranno di un superbonus nel calcolo delle emissioni di Co2 dei costruttori, se sono prodotti in Europa».

Le proposte presentate dalla Commissione europea vengono incontro alle richieste di alcuni governi e di alcune società. L’obiettivo che l’UE si prefigge è trovare un equilibrio tra l’urgenza di decarbonizzare il settore automobilistico e la necessità di aiutare l’industria a competere con i concorrenti, in particolare cinesi.

Il pacchetto dell’esecutivo comunitario

Il pacchetto illustrato dall’esecutivo comunitario, e che ora dovrà essere negoziato dal Parlamento e dal Consiglio, prevede anche una particolare semplificazione normativa a favore del settore automobilistico, che permetterà secondo Bruxelles di risparmiare fino a 706 milioni di euro all’anno. Sempre secondo la Commissione europea, la politica di semplificazione normativa presentata negli ultimi mesi comporterà risparmi per 14,3 miliardi di euro.

Le parole della presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen

«Innovazione. Mobilità pulita. Competitività. Sono state queste le priorità nei nostri dialoghi con il settore automobilistico, le organizzazioni della società civile e le parti interessate – ha commentato la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen –. E oggi le affrontiamo tutte insieme. Mentre la tecnologia trasforma rapidamente la mobilità e la geopolitica ridisegna la concorrenza globale, l’Europa rimane in prima linea nella transizione verso un’economia pulita»

L’Europa cambia rotta e punta tutto sulla “sicurezza economica”

Nelle prossime settimane, la Commissione Ue svelerà un pacchetto legislativo cruciale che segna il ritorno della sovranità industriale: dal progetto RESourceEU per blindare le materie prime, all’Industrial Accelerator Act per l’industria verde, fino a una stretta sugli investimenti esteri.

Dobbiamo ancora avere fiducia nel “Buy European”?

A quanto pare il Made in Europe non è un’utopia. L’industria abbraccia tanti settori, compresa quella automobilistica. Parliamo di componentistica, materie prime ecc., che potrebbero essere prodotte in Europa.

Non vi è dubbio, che l’Europa da alcuni anni stia cambiando atteggiamento, a favore di un ideale più protezionistico, come risposta agli attacchi che arrivano dall’esterno. Difendersi non è un reato, d’altra parte.

Il concetto di sicurezza economica ha diversi significati, a seconda dei paesi. Bisogna poi pensare alla guerra in Ucraina, che ha reso urgente cercare nuove fonti di gas ed energia, ma anche di petrolio e materie prime in generale. La tendenza liberista di alcuni paesi si sta attenuando. L’Europa è in fermento; basti pensare ai volenterosi, anche se con scarsi risultati. Basti pensare alla Spagna, che sta dando lezione di dignità e di buon senso, non piegandosi ai dogmi mondiali.

Il protezionismo di Cina e Usa sta dando frutti. I paesi che credevano nello scambio libero e nel libero mercato, stanno rivedendo le loro priorità. La concorrenza cinese deve essere contrastata. Fino a dieci anni fa, la Cina copiava i prodotti europei, e in particolare italiani. Oggi, ha imparato a estrarre e raffinare terre rare e altre materie prime fondamentali. L’innovazione cinese ha fatto grandi passi in avanti.

La risposta Europea al protezionismo

L’Europa deve attuare più politiche comuni. Replicare il modello dei vaccini in quanto ad approvvigionamenti. La Cina e gli Stati Uniti, per quanto riguarda le leggi che tutelano l’ambiente sono più morbidi. Tutto questo agevola l’economia, ma fino a quando? E a che prezzo?

L’Europa si appresta ad approvare e a utilizzare tre miliardi dalla Banca Investimenti per produrre a casa propria materie prime ed energie di cui la Comunità europea ha bisogno.

Ottima, la proposta di spostare il centro in Europa, delle decisioni sugli investimenti da paesi esteri. In questi anni stiamo percependo mai come oggi, un mondo più minaccioso e pericoloso, è necessario correre ai ripari. Non tutto è perduto. L’Europa ha ancora vita. Una vita difficile, a causa della non facile convivenza tra paesi e popoli di cultura diversa. Ma oltre, all’economia, alle guerre sulle terre rare o per l’egemonia su grandi rotte commerciali, in questo momento viviamo uno scontro di civiltà. C’è chi continua a dirci che il potere è tutto, che con la prepotenza si ha sempre ragione.

L’Europa ha cultura e tradizioni antiche, ha potenzialità ancora da scoprire, risorse, inventiva, genialità. Tutto questo non si può ridurre ai minimi termini, traducendo tutto in soldi e potere.

Alla faccia di chi sostiene che l’Europa non esista o che sia morta, oppure che sia agonizzante. C’è ancora vita in Europa

La decisione dell’Ue, una questione di consapevolezza

Ciò che ha fatto l’UE il 16 dicembre è un gesto molto significativo. In qualche modo, la Commissione Europea ha smesso le vesti dell’ideologia, e ha affermato che la transizione non è un discorso chiuso e netto. “Siamo a favore dell’elettrico o no?”.

L’Europa ha affermato che non esiste una soglia, un out out, ma che la transizione deve diventare attuabile, e il successivo passaggio per ogni Paese sarà fondamentale. Ogni Stato membro, infatti ha delle peculiarità, ha un’industria carente in qualcosa e forte in altro. Ogni Stato declinerà la transizione secondo le proprie necessità e forze, secondo le proprie risorse.

La transizione non è solo un’idea per illusionisti, ma con la proposta del 16 dicembre diventa qualcosa di reale, proprio perché si è deciso di fare i conti con la realtà, e non più con l’idealismo.

La decisione di ieri non è un referendum, non la solita scusa per creare tifoserie, per avvalorare le tesi dei negazionisti o dare meno credito a chi nella transizione crede veramente. Non è sempre tutto semplice, non è sempre tutto nero o bianco, come molti vorrebbero, a volte la realtà è complessa, e non basta comprenderla, bisogna interpetrarla, declinarla e cogliere i frutti buoni.

Fonti: Ilsole24ore

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