Come praticare la gioia dell’attesa

La felicità è fatta di piccole cose, essa non dipende dalle grandi scelte ma da qualcosa di diverso. L’attesa è essa stessa piacere – si sente spesso questa espressione, in realtà  si tratta di modi di dire o luoghi comuni, ma quanto c’è di vero? Cos’è l’attesa?

Vivere il presente – Attendere vuol dire vivere nel futuro?

Qualcuno sostiene che bisogna vivere il momento, ossia l’attimo senza incursioni nel passato e soprattutto senza pensare al futuro. Molto si è scritto riguardo alla mente e al superaffollamento di pensieri,  infatti,  quelli negativi, sicuramente non procurano gioia. Quando si rimugina su qualcosa o si hanno pensieri fissi, di sicuro non stiamo facendo la cosa giusta.

Un libro molto interessante,  il potere di adesso di Eckhart Tolle, spiega come liberarsi dal “corpo di dolore” ovvero dalla mente e dalla sua negatività. Questo testo è una guida all’illuminazione per la scoperta del “qui e ora” ed ha venduto milioni di copie; tante persone sono riuscite a ritrovare la luce giusta ma ovviamente in questi casi concorrono tantissimi fattori, fra i quali la predisposizione, il carattere;  a volte la consapevolezza avviene in un momento particolare della vita o dopo ungrande dolore, per cui tutto è soggettivo. Sulla stessa lunghezza d’onda è Mindlessness, un nuovo tipo di meditazione che ha come principio base, proprio quello di liberare la mente.

L’attesa: parliamo di altro

L’attesa è qualcosa di diverso dalle elucubrazioni mentali e dai pensieri negativi; è semplicemente la gioia di aspettarsi qualcosa. La vera felicità sa sempre di intimo e personale,  nasce dal piccolo. E’ chiaro che l’animo e lo spirito vanno nutriti e difesi; per raggiungere la serenità spesso bisogna attraversare grandi sofferenze, ma la natura umana ha dentro di sé un grosso potenziale. La gioia e la felicità sono dentro di noi, basta solo tirarle fuori – Fosse facile! – qualcuno potrebbe pensare –  Per farlo è necessario avere la mente sgombra da negatività, questo tutti lo possono sperimentare  – ( raggiungendo una buona meditazione con tanto esercizio si può anche arrivare alla totale assenza di pensieri), però, nel frattempo, la mente  possiamo riempirla di cose piacevoli come l’attesa.

Ma cos’é la gioia delle piccole cose ovvero delle attese? Se parliamo con un collezionista, lui ci dirà che prova una grande soddisfazione quando aspetta il plico dell’oggetto che gli serve per arricchire la sua raccolta. Spesso ci capita di inviare una mail per richiedere semplicemente un’informazione; per questo motivo aspettiamo quella notizia per poter poi agire e sbrigare qualche faccenda personale. Prima dell’avvento dei network si scriveva agli amici e ai parenti lontani; scrivere una lettera era un momento sacro, durante il quale ci si concentrava per trovare le parole giuste e poi si aspettava la risposta. Ci si recava all’ufficio postale e si imbucava la lettera con un grande sorriso sulla faccia.

Oggi postiamo sui social un pensiero o una foto e attendiamo tanti like e commenti, in alcuni casi questa pratica diventa quasi un’ossessione, un modo per ottenere approvazione dagli altri. Sbagliato. Non deve essere qualcosa che ci assilla, ma un’attività spontanea e deve avere lo stesso posto che ha il momento del caffè, con le stesse modalità e tempi. Si possono prendere due o tre caffè al giorno, sorseggiandolo, stando seduti e rilassati godendosi la pausa. I network servono per uno scambio rilassato di idee, sono solo un nuovo modo di comunicare ed in questo non vi è nulla di male, se preso in dosi giuste. Anche un coltello può avere diversi utilizzi; ci si può tagliare il pane o compiere un assassinio. Se i Network diventano una patologia, bisogna curarsi. Tutti li frequentiamo e conosciamo tante realtà spesso anche pericolose, ma questo è un discorso a parte, si sta parlando di attesa, anche se spesso abbiamo l’abitudine di divagare.  

Dobbiamo fare sempre in modo di aspettarci qualcosa; ogni giorno dobbiamo mettere in moto il meccanismo dell’attesa e poi semplicemente attendere, fare in modo che il tempo ci sia amico e che lavori per conto nostro. L’attesa ha un valore enorme ed anche un significato profondo, se vogliamo.

Siddartha a chi gli chiedeva cosa sapesse fare, gli rispondeva: <<Io so meditare, digiunare e aspettare>>.  In uno dei suoi libri più famosi Hermann Hesse analizza un aspetto fondamentale dell’essere umano, gettando uno sguardo sul futuro fino ad arrivare ai tempi nostri, come spesso tanti filosofi fanno.

Lo scrittore tedesco, infatti, guardava lontano proponendo uno stile di vita che contemplasse il digiuno, la meditazione e l’attesa. Un uomo che ha queste tre cose ha tutto.  Vediamo perché – Digiunare (questa parola fa pensare al cibo, ma non è affatto così)  – Digiunare vuol dire saper rinunciare,  soprattutto a cose futili ( all’auto, allo smartphone e a tutte quelle cose che riteniamo necessarie – di indispensabile in realtà vi è molto poco, come ad esempio l’aria ) –  L’uomo di Hesse sapeva aspettare; questo non vuol dire restare immobile, anzi  significa continuare la propria vita, svolgendo le attività di sempre con serenità e gioia. Secondo il pensiero dello scrittore ogni cosa torna al suo posto, ciò che deve accadere accadrà senza grossi sforzi, per cui non bisogna affannarsi in modo eccessivo – Ecco perché Siddharda sapeva aspettare – Chi non sa aspettare, oggi si riconosce subito – Sono quelli che vanno sempre di fretta, che credono di aver fatto tutto e invece non hanno fatto nulla, quelli che vogliono dare tremila cose e dimenticano che la giornata è solo di 12 ore – 

Infine Siddharta sapeva meditare. La meditazione è una pratica sula quale si sono spese tesi e libri di ogni genere, fino ad arrivare ai giorni nostri. Ciò che Hermann Hesse intendeva dire è che tutta la realtà necessita di un filtro, che è la nostra coscienza. Meditare vuol dire anche farsi attraversare da fatti ed eventi,  e restare sempre gli stessi, è saper ritrovare in mezzo alle tempeste della vita un angolo di pace e serenità e farlo diventare uno stile di vita.

 

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