In Iran continuano le proteste e la repressione, e spesso dai media occidentali trapela meno di ciò che sta accadendo realmente
Tra i sanzionati il ministro dell’Interno e capo delle forze dell’ordine Ahmad Vahidi, accusato di aver commesso gravi violazioni dei diritti umani
L’Unione Europea sanziona l’Iran per repressione e armi alla Russia
I Ventisette hanno annunciato una seconda tornata di sanzioni contro il regime iraniano, accusato di avere risposto con la forza alle manifestazioni contro il porto del velo, organizzato da migliaia di donne nel paese. Sono 29 i dirigenti e tre le entità colpiti dalle misure, tra cui il ministro degli Interni. Con l’occasione l’Alto Rappresentante per la Politica estera e di Sicurezza Josep Borrell ha denunciato la crescente discriminazione contro le donne “a livello mondiale”.
Le donne iraniane in prima linea
Molti analisti ci dicono che queste proteste sono diverse da quelle che abbiamo visto nel 2009 e poi nel 2019. Sono diverse perché non coinvolgono solo le giovani generazioni o le fasce più povere dalla società, in piazza stiamo vedendo donne e uomini, ragazzi e ragazze con i loro genitori, operai, metalmeccanici, intellettuali, ma soprattutto ci sono donne di tutte le età che rivendicano quella libertà e quella autonomia che gli è stata sempre negata. Sono le proteste di un popolo che non sopporta più anni di continue violenze e vessazioni.
La forza di queste proteste si percepisce dalla violenza utilizzata dalle autorità per placarle. Amnesty International ha ottenuto documenti diffusi dai vertici delle forze armate in cui si istruiscono tutti i comandi provinciali ad “affrontare severamente” le persone che manifestano dall’indomani della morte di Mahsa Amini.
Il ministro dell’Interno iraniano Ahmad Vahidi, che è anche capo delle forze dell’ordine iraniane (LEF), è stato accusato dai Ventisette di aver commesso “gravi violazioni dei diritti umani” durante la repressione delle recenti proteste. In ottobre, l’Unione europea aveva congelato i beni e vietato i visti dei capi della polizia morale, delle Guardie Rivoluzionarie e del ministro iraniano della Tecnologia dell’informazione.Teheran ha preannunciato una risposta “proporzionata e ferma”. Ha risposto ieri Josep Borrell: “Siamo pronti a questa eventualità, ma sarà un errore”.
Nel contempo, i ministri degli Esteri europei, riuniti a Bruxelles, hanno anche sanzionato l’Iran per via dell’aiuto militare concesso alla Russia nella sua guerra contro l’Ucraina. Sono state colpite due entità, la Qods Aviation Industries, che produce i droni forniti alla Russia, così come l’Aeronautica delle Guardie Rivoluzionarie. In questo contesto, alcuni paesi europei, come la Svezia, vorrebbero ampliare le sanzioni contro l’Iran.
Non è facile perché Bruxelles vuole continuare ad avere il ruolo di mediatore tra Teheran e Washington sul versante del nucleare iraniano. L’Alto Rappresentante ha dichiarato di non avere “alcuna prova” dell’invio di missili balistici iraniani a Mosca.
La repressione nel Kurdistan e nelle regioni occidentali
E la situazione non è migliorata con il passare dei giorni. Il 26 e il 27 ottobre le forze di sicurezza iraniane hanno inasprito l’uso della forza illegale contro manifestanti e persone che commemoravano i 40 giorni trascorsi dalla morte in custodia di polizia di Mahsa (Zhina) Amini. Epicentro della repressione sono state le province del Kurdistan, del Lorestan, del Kermanshah e dell’Azerbaigian occidentale.
Il 26 ottobre a Saqqez, nel Kurdistan, le forze di sicurezza hanno esploso gas lacrimogeni e sparato pallini di metallo per disperdere migliaia di persone che stavano prendendo parte a una commemorazione. Nel corso delle proteste serali, sono stati uccisi almeno due manifestanti: Mohammad Shariati nel Kurdistan e Afshin Asham nel Kermanshah. Ma questi sono solo alcuni dei nomi delle persone uccise durante le manifestazioni, Amnesty International cerca sempre di avere nome, cognome, luogo e altri elementi dell’uccisione prima di diffondere informazioni relative alle vittime ed è per questo che spesso i nostri numeri risultano essere più bassi rispetto a quelli diffusi da altre organizzazioni.
Continuiamo a raccogliere dati e informazioni, come continuiamo a fare pressione su tutti gli Stati membri del Consiglio Onu dei diritti umani affinché venga convocata immediatamente una sessione speciale sull’Iran e si assumano iniziative determinanti, come sollecitato anche dal Relatore speciale Onu sulla situazione dei diritti umani in Iran.
Fonti: Sole24ore, affarinternazionali
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