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Parlare di idee, di ciò che ci limita, di orizzonti.
Facciamo un passo indietro, andiamo alla descrizione di noi e ai dialoghi mediterranei. Dopo un incontro a febbraio 2023 a Catania, i discorsi sono proseguiti con altre modalità. Ci accingiamo a farlo anche qui, con questo podcast.
Cosa sono i dialoghi mediterranei? Raccogliersi intorno alle idee, agire, ragionare su ciò che ci limita. Al centro non c’è uno stregone o qualcosa di astratto, ma sempre e solo le idee, e la capacità usare la propria testa senza tabù o pregiudizi.
Ecco alcuni dei punti fissati su carta da Simone Perotti:
Vorremmo vivere meglio, ma non ci rendiamo conto che siamo uomini e donne strangolati da:
● non conoscenza del proprio perimetro: chi siamo noi?
● una molteplicità identitaria non vista, non conosciuta, non analizzata
● un sistema di produzione, riproduzione e mantenimento energetico individuale sconosciuto e non governato
● un bilancio tra scelte necessarie e inessenziali confuso
● una visione della propria vita non chiara nemmeno in termini meramente locali/geografici
● una sovrastruttura falsa e malata (che pesa enormemente) nella relazione con oggetti, denaro, consumo
- relazioni malate e non risolte con la famiglia d’origine
L’articolo pubblicato il 7 maggio 2023 su meer parla proprio delle relazioni familiari. Il testo ha raggiunto migliaia di lettori ed è stato condiviso ben 140 volte. Eccolo.
Possono partire da un’idea o da una persona, che non deve essere necessariamente un Guru o un Santone. Anche se qualcuno forse starà cercando un pretesto per dire: «Mi piace quello che dici, da quando ho ascoltato le tue parole mi sento meglio». Non è questo il punto, non è mai il dito che indica (qualcosa) il punto.
Accade questo: che un giorno di febbraio, ci si incontra a Catania e iniziano così i dialoghi mediterranei. Il focus è sempre e solo intorno alle idee. Poi un giorno di marzo, i dialoghi ritornano su Facebook, sotto forma di evento on line. La voglia è quella di continuare a parlare di idee, di ciò che ci limita, di orizzonti e così da dove è partita la scintilla si fissano su carta dei punti.
Uno fra tanti, le relazioni familiari, che sono impresse nel quarto punto sotto la voce “Relazioni malate e non risolte con la famiglia d’origine”. Ci capita mai di osservare? Di riflettere? All’interno delle famiglie sono in vigore dinamiche assurde, inconcepibili, atroci; vi è sempre un costante braccio di ferro e giochi di potere estenuanti. Nelle famiglie? Nel primo nucleo della società dove dovrebbe regnare sovrano il “bene”? Succede anche questo – piccoli ricatti morali, sensi di colpa, e non sono necessarie troppe parole, bastano gli atteggiamenti, i silenzi, gli ammiccamenti per approvare o non approvare. E l’approvazione decreta, spesso un destino (infelice). “Mio padre voleva che io facessi l’avvocato” – e perché non lo ha fatto lui l’avvocato?
E così, ci si ritrova a fare cose che fanno piacere agli altri, anzi a chi ci vuole più bene di tutti. Non può volere il nostro male, eppure lo fa. Il male. Inconsapevolmente certo, in buona fede, e per giunta chiamandolo “bene”. L’affetto verso chi ci ha messo al mondo è innegabile, è la classica ovvietà, ma il viaggio si fa da soli, e senza rimorsi o sensi di colpa, senza paura di non piacere, e senza aspettare l’approvazione o la carezza a lungo desiderata. È difficile almeno quanto il viaggio che ci aspetta, ma bisogna liberarsi, è necessario farlo per partire con il bagaglio più leggero. Trovare un’anima gemella non sempre è dipendente da legami di sangue. L’affinità di pensieri, di sentimenti, quella stessa visione del mondo e della vita è qualcosa che rende simili. Per non parlare della gioia che un’amicizia autentica può sprigionare. Quella stessa felicità di sapere di essere vicini; concetto che non ha nulla a che vedere con la distanza fisica.
I dialoghi mediterranei on line sono iniziati da una riflessione sugli studenti che si suicidano perché non riescono a concludere i corsi di studi nei tempi e secondo le modalità imposte da una società troppo distratta.
Parliamo di studenti che si suicidano perché subiscono un’assurda pressione psicologica fuori da ogni logica. «Ma Quand’è che studiare è diventato una gara?» è la denuncia di una studentessa, durante l’inaugurazione dell’anno accademico all’Università di Padova.
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