A Ravenna, protesta pacifica di Greenpeace contro i combustibili fossili
Attiviste e attivisti di Greenpeace Italia hanno interrotto una partita di golf organizzata nell’ambito della OMC Med Energy Conference & Exhibition a Ravenna, dove si incontrano ministri e dirigenti delle aziende petrolifere dei Paesi del Mediterraneo.
Gli attivisti hanno voluto denunciare pacificamente le gravi responsabilità dell’industria dei combustibili fossili per le vittime e i danni causati dalla crisi climatica e dai conflitti per lo sfruttamento dei giacimenti di gas e petrolio.
Il 23 ottobre 2023 un gruppo di attivisti provenienti da Belgio, Croazia, Francia, Germania, Italia, Slovacchia, Spagna e Ungheria, travestiti da dinosauri con i loghi di alcune delle principali compagnie di combustibili fossili, hanno pacificamente invaso il campo da golf mentre i delegati dell’OMC giocavano incuranti delle sofferenze inferte alle persone e al pianeta, e per di più in un territorio segnato dalla terribile alluvione dello scorso maggio. Un secondo gruppo di attivisti ha quindi esposto un grande striscione con la scritta: “Stop playing with our lives” (smettete di giocare con le nostre vite) e aperto alcuni banner con le scritte “Le fonti fossili meritano l’estinzione”, “Gas e petrolio = Guerra e conflitti” e “Basta crimini fossili” in italiano, inglese e francese.
«Come accaduto ai dinosauri, anche le aziende dei combustibili fossili devono prepararsi all’estinzione. Mentre milioni di persone subiscono gli impatti del caos climatico, i dirigenti del settore petrolifero e del gas pensano solo ad accumulare profitti. Ora basta: per il bene delle persone e del pianeta, l’era dei combustibili fossili deve finire», afferma Chiara Campione, responsabile dell’Unità Clima di Greenpeace Italia. «Governi, legislatori e tribunali devono riconoscere i crimini commessi dall’industria dei combustibili fossili, costringendola a smettere di trivellare e iniziare a pagare per i danni causati».
Combustibili fossili e guerre
In tutto il mondo esiste un filo che collega i combustibili fossili e l’aumento della militarizzazione e dei conflitti. Le aziende fossili alimentano guerre e conflitti per accedere al gas e al petrolio, e dobbiamo ritenerle colpevoli per le morti e i danni di cui sono responsabili. Non è più socialmente accettabile che l’industria fossile continui a operare come se niente fosse, occorre realizzare una transizione pacifica verso le fonti rinnovabili – dichiara Anna von Gall, responsabile del progetto Climate for Peace di Greenpeace Germania.
L’estrazione di gas e petrolio e i progetti di nuove infrastrutture fossili promuovono la militarizzazione e alimentano conflitti geopolitici in tutto il mondo, come evidenzia il recente rapporto di Greenpeace Italia sul progetto del gasdotto nel Mediterraneo orientale. Gli Stati della regione hanno investito molto in armamenti per difendere i loro interessi marittimi e le loro infrastrutture fossili. In più di un’occasione, le controversie sui confini marittimi e sullo sfruttamento dei combustibili fossili nel bacino del Mediterraneo orientale hanno già portato al dispiegamento di navi militari.
Nell’ultimo anno abbiamo potuto vedere come la dipendenza dell’Unione Europea dal gas e dal petrolio russi abbia finito per finanziare l’invasione militare dell’Ucraina. Nonostante la retorica sul risparmio energetico, sull’efficienza e sulle energie rinnovabili, l’Europa ha pensato anzitutto a trovare nuovi partner per garantirsi altro gas e petrolio. Se per soddisfare il nostro fabbisogno energetico l’Europa continua ad affidarsi a regimi inaffidabili e a ignorare il legame tra combustibili fossili e conflitti, significa che ancora non ha imparato la lezione.
Mentre gli attivisti con le maschere di Draghi e Cingolani inscenavano la stipula del “patto” con il Cane a sei zampe simbolo di ENI, sulla trivella è stato esposto un grande striscione con il messaggio “Basta bugie di ENI, nascondere CO2 non salva il clima”. Il riferimento è al CCS, il controverso progetto di cattura e stoccaggio della CO2 che il colosso dell’energia vorrebbe realizzare proprio a Porto Corsini, finanziato con soldi pubblici. Infine, un altro gruppo di attiviste e attivisti ha scritto “No CCS” e “Trivelle = cambiamenti climatici” sulle pareti e sul pavimento della piattaforma di ENI.
Greenpeace chiede alle aziende dei combustibili fossili di fermare le loro attività di distruzione del clima, smettendo di investire in nuovi progetti e infrastrutture per lo sfruttamento di fonti fossili, e assumendosi la responsabilità per la crisi climatica e il rischio di altri conflitti per l’accesso e la difesa militare del gas e del petrolio.
Gli attivisti denunciano anche l’inazione del governo italiano.
Ravenna è una delle città italiane più esposte agli impatti dei cambiamenti climatici. Secondo uno studio dell’ENEA, l’area del ravennate rischia infatti di scomparire nel giro di qualche decennio a causa dell’innalzamento del livello dei mari e dell’erosione costiera. C’è ancora tempo per salvare la città e rilanciare la sua economia, puntando sulle rinnovabili e sull’efficienza energetica, ma occorre fare presto.
Fonte: Greenpeace

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