Verso gli Stati Uniti d’Europa: considerazioni e speranze di un corrispondente del New York Herald Tribune Syndicate nel 1962

Dobbiamo costruire una specie di Stati Uniti di Europa – Winston Churchill

L’Italia è la terza economia in Europa, settima nel mondo, seconda nel manifatturiero; negli ultimi anni l’export è cresciuto da 31 a 89 miliardi di euro. A fronte di questa realtà, ve ne è un’altra più dura: il nostro paese è penultimo per debito pubblico e per gli interessi che paga su di esso (dopo di noi solo la Grecia). Tale quadro indica solo una cosa, ovvero che tutti gli sforzi degli italiani, la loro bravura, le eccellenze e l’ineguagliabile Made in Italy vengono divorati da numeri come quelli dello spread, dei tassi di interessi e del debito pubblico che continua a salire.

Qual è la risposta a tutto questo?

È l’unica e la sola possibile: la politica. Purtroppo la nostra vita dipende da come e da chi siamo governati, da quali leggi si applicano, in che modo si gestisce la sanità, l’istruzione, il lavoro e così via. Nessuno può affermare di essere estraneo alla politica o di non interessarsi a chi ci governa. Non dimentichiamo che in Italia sono presenti risparmi e patrimoni personali di grande valore.

Selezione dal Reader’s Digest è stata una rivista fondata nel 1948, come versione italiana di quella americana Reader’s Digest. Nel primi anni la rivista italiana si limitava a tradurre articoli apparsi sul giornale statunitense, in seguito, a partire dagli anni Settanta gli articoli prodotti in Italia aumentarono notevolmente, spostando l’attenzione su una diversa area geopolitica.

Ho trovato un interessante articolo, vecchi solo di 57 anni; sulla copertina il prezzo è di 150 lire, mentre la grafica è affidata ad un acquerello di Birney Lettick.

La rivista più letta al mondo: oltre 20 milioni di copie comprate mensilmente in 13 lingue.

L’articolo in questione, scritto da un giornalista corrispondente da Washington offre un punto di vista da una prospettiva di più ampio respiro e considerando il valore e la centralità della Gran Bretagna. All’interno dello steso articolo vi è un’attenta disamina della posizione dell’Italia di Libero Lenti, Ordinario di Ecomonia Politica nell’Università di Pavia

Cosa pensavano giornalisti e opinionisti nel 1962 dell’Europa?

Ecco l’articolo apparso sul numero di febbraio 1962 della rivista Selezione dal Reader’s Digest di Roscoe Drummond – Corrispondente da Washington del New York Tribune Syndicate

Passo passo, le nazioni dell’Europa Occidentale stanno creando una forza che i comunisti non possono fermare: il formidabile potere dell’unità economica

Mentre il quadro del prossimo avvenire non è ancora perfettamente a fuoco l’Occidente sta per condurre in porto una vasta e galvanizzante iniziativa capace di mutare il volto stesso della guerra fredda. Non alludo a una nuova alleanza militare destinata a vincere la guerra. Alludo a una nuova alleanza economica e politica capace di vincere la pace.

Oso predire che entro questo decennio assisteremo alla nascita degli Stati Uniti d’Europa come una comunità coerente e funzionante, il cui reddito nazionale lordo sarà probabilmente superiore a quello degli Stati Uniti.

Insieme con gli Stati Uniti la nuova alleanza dimostrerà tanto chiaramente il vigore dell’iniziativa privata, del libero mercato, dell’economia a favore del consumatore che il comunismo apparirà a un numero sempre maggiore di persone una cosa superata.

E’ questo un pio desiderio? Non credo. C’è una solida realtà di fatto a confortare questo giudizio. Ci siamo fissati talmente sulle crisi create dai comunisti – dal Vietnam a Berlino – che non abbiamo seguito l’andamento positivo degli avvenimenti svoltisi sotto i nostri occhi. Il fatto è che il fiorente Mercato Comune Europeo porta sempre più vicina l’unificazione politica d’Europa. Questa zona di scambi internazionali – che abbraccia l’Italia, la Francia, la Germania Occidentale, l’Olanda, il Belgio e il Lussemburgo in un’unione economica con 170 milioni di consumatori – si è dimostrata un successo economico che ha superato tutte le speranze dei suoi fondatori. L’autunno scorso il governo inglese, con una decisione rivoluzionaria, ha chiesto d’unirsi ai sei Paesi del MEC, benché ciò obblighi l’Inghilterra a modificare i suoi vincoli con il Commonwealth, ad abbandonare il suo storico isolamento dal continente, e a menomare parte della sua sovranità. La Norvegia, la Danimarca e l’Irlanda, ne seguiranno quasi certamente l’esempio. Nascerà così una Federazione Economica Europea di dieci nazioni con 250 milioni d’abitanti i cui prodotti industriali e agricoli e la cui mano d’opera potranno presto circolare liberamente tra un Paese e l’altro, proprio come negli Stati Uniti possono circolare liberamente tra uno Stato e l’altro.

Questi fatti possono cambiare volto alla guerra fredda. Con la partecipazione inglese il MEC può condividere con gli Stati Uniti la leadership del Mondo libero. Una tale associazione può costituire un concentramento di forze politiche ed economiche che i comunisti non possono eguagliare in questo secolo…e forse mai.

Sia gl’Inglesi sia gli uomini del Cremlino sanno bene che si sta per giungere a una svolta memorabile. Il Primo Ministro Harold MacMilan lo disse implicitamente quando lo scorso luglio dette l’annunzio alla Camera dei Comuni. Alla vigilia dei necessari negoziati, non volle suscitare inutili controversie o premature speranze. Ma Desmond Donnelly, uno dei maggiori intellettuali del Partito Laburista, non esitò a esprimere con queste parole il più vasto significato dell’avvenimento: <<La dichiarazione del Primo Ministro indica chiaramente che la frontiera dell’Inghilterra non è a Dover, ma alla Porta di Brandeburgo>>.

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Anche Kruscev lo sapeva. Immediatamente egli bollò la decisione presa dall’Inghilterra come una <<capitolazione>> alle avide forze economiche della <<city>>, sperando in tal modo di dividere l’opinione pubblica inglese e di suscitare in Parlamento un’opposizione sufficiente a far annullare la decisione del governo.

Il capo sovietico si rende conto che quanto un Mercato Comune di dieci nazioni potrà fare nell’interesse reciproco, sarà una remora  molto maggiore alle mire sovietiche di qualsiasi cosa che queste o altre nazioni potrebbero fare contro l’Unione Sovietica. Ecco perché il Mercato Comune è un’arma così potente nella guerra fredda. Non è un’alleanza militare e quindi non può essere combattuto con efficacia: proprio come il Piano Marshall non poté essere combattuto efficacemente dai Sovietici. Kruscev ne è infuriato e allarmato perché vede il Mercato Comune fare passi da gigante, mentre egli non può far nulla per opporvisi.

Quali sono i risultati positivi conseguiti dal MEC da quando, nel 1958, le sei nazioni lo istituirono?

In questi quattro brevi anni, tutti i Paesi che ne fanno parte hanno raggiunto un sostenuto ritmo di sviluppo economico come non si era mai sperimentato nella storia d’Europa. Lavoratori e imprenditori, industria e maestranze, consumatori e produttori partecipano a una ripresa economica e a una prosperità più rapida e più continua che in qualsiasi altra parte del mondo.

Nel 1960 il reddito nazionale lordo della Comunità Europea è salito del sette per cento rispetto al 1959, in termini reali, e del cinque per cento nel 1961. La produzione industriale è aumentata del 12 per cento nel 1960 e del 25 per cento in tre anni.

Grazie a questo dinamico sviluppo, il MEC ha potuto ridurre molto più rapidamente di quanto era stato stabilito le tariffe doganali e le altre barriere commerciali nell’ambito delle sei nazioni. Alla fine del 1961 tutti i contingentamenti sugli scambi dei prodotti industriali tra i sei Paesi sono stati aboliti: otto anni prima del previsto. L’aver aperto le frontiere alla concorrenza ha apportato benefici molto maggiori di quanto i più ardenti sostenitori del piano credessero possibile. Da principio, i dirigenti industriali dell’Europa Occidentale erano per lo più ostili o scettici riguardo al MEC. Ma ora gli Europei dalla mentalità monopolistica hanno capovolto quasi del tutto il loro atteggiamento. Si accorgono che i vantaggi di produrre per un mercato competitivo di 170.000.000 di consumatori sono molto maggiori di quelli  di cui abbiano mai goduto negli anni prebellici. Lo dimostra il fatto che gl’imprenditori tendono sempre più a predisporre lo sviluppo produttivo e le reti di distribuzione sul piano d’un Mercato Comune in piena attuazione.

Negli ultimi cinque anni l’Inghilterra che deve vendere all’estero per poter comprare all’estero, ha visto la sua quota delle esportazioni mondiali scendere del quattro per cento mentre la quota dei Paesi del MEC saliva del 20 per cento. Ecco perché il governo inglese ha ora preso la penosa ma memorabile decisione di entrare a far parte del MEC.

Winston Churchill, nel suo famoso discorso pronunciato a Zurigo nel settembre 1946, quando soltanto pochissimi riuscivano a vedere oltre le rovine e l’impoverimento della guerra, disse:

<<Su vasti territori, una moltitudine tremante di creature umane tormentate, affamate, sgomente e logorate dalle sofferenze, guardano a bocca aperta le loro città e le loro case in rovina, e scrutano il fosco orizzonte temendo di scorgervi l’avvicinarsi d’un nuovo pericolo. Tra i vincitori c’è una babele di voci discordi, tra i vinti l’ostile silenzio della disperazione. Eppure ci sarebbe un rimedio che trasformerebbe come per miracolo tutta la scena. Si tratta di ricreare la famiglia europea, o quanto di essa potremo ricreare, e di darle una struttura che le permetta di vivere in pace, nella sicurezza e nella libertà. Dobbiamo costruire una specie di Stati Uniti di Europa.>>

E’ quello che ora si sta facendo. Anche oggi c’è un punto in cui la crescente Comunità Europea può svolgere immediatamente un’azione decisiva per mettere un fermo alle ambizioni sovietiche. Il punto è la Germania. La mira di Kruscev non è soltanto di neutralizzare Berlino. La sua mira più vasta è di staccare tutta la Germania dall’Occidente e di ridurre all’impotenza la NATO. Annettendo Berlino Est alla Germania Orientale e annettendo la Germania Orientale al suo impero satellite, il Cremlino ha precluso tutte le speranze di unificazione tedesca. Kruscev adesso può dire a Bonn: <<Avete riposto male la vostra fiducia negli alleati occidentali: non possono darvi una nazione unita. Soltanto noi possiamo darvi una Germania unita.>>

Un’Europa Occidentale economicamente e politicamente disunita farebbe venire senza dubbio a molti Tedeschi la tentazione di abboccare all’amo sovietico, con conseguenze gravissime per l’intera posizione dell’Occidente. Un’Europa Occidentale economicamente e politicamente unita, come sta ora diventando, farebbe apparire l’offerta di Kruscev una cosa squallida e senza attrattiva.

Ma c’è dell’altro da fare. La domanda pressante è: e poi?

Gli Stati Uniti non mancheranno certo di fare la loro parte per favorire l’enorme impulso della crescente Comunità Europea. Si servono già della nuova organizzazione economica atlantica, l’Organizzazione per lo Sviluppo e la Cooperazione economica, di cui ora fanno parte unitamente al Canadà e alle nazioni europee. Questo dimostra che sono consapevoli dell’interdipendenza tra Europa e Nord America.

Quel che adesso occorre è che gli Stati Uniti facciano ogni sforzo perché la Comunità Europea-Britannica diventi una Comunità Atlantica. (Brexit!!!!!!!)

E’ ora che si preparino a fare questo passo.

Il padre dell’odierna Europa unita, Jean Monnet, ora presidente del comitato d’Azione per gli Stati Uniti d’Europa, ha detto in proposito: <<Come nei primi tempi gli Stati Uniti giudicarono necessario unirsi, nello stesso modo in cui l?Europa si va oggi unendo, così l’Occidente deve andare verso un concerto atlantico di nazioni. Ciò non è fine a se stesso. E’ un incamminarsi sulla via di quel mondo più ordinato che dobbiamo creare per salvarci dalla distruzione.>>

Nella sua fase attuale di sviluppo, la Comunità Europea-Britannica potrà arrestare il corso sfavorevole della guerra fredda. Una Comunità Atlantica che abbracci l’Europa, gli Stati Uniti e il Canadà potrà invertire quel corso sfavorevole, creando un predominio compatto e permanente, una forza dinamica che per altre nazioni sarebbe irresistibile.

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