Gli occhi di tutti sono puntati sul nuovo governo che dovrà affrontare numerose sfide strategicamente collegate fra loro. Alcune fondamentali sono l’ambiente, la salute e la gestione del Recovery Fund. Il nuovo Ministero della transizione ecologica fa discutere molto fra chi critica e chi elogia tale scelta. Secondo alcuni esperti, questo ministero già presente in altri paesi come la Francia non ha dato i risultati sperati.
Cos’è e Cosa fa il Ministero della Transizione ecologica?
Il Ministero della Transizione ecologica è centrale per i movimenti ambientalisti. Cosa fa o cosa dovrebbe fare? La sua attività comporta la trasformazione del sistema produttivo verso un modello più sostenibile, che renda meno dannosi per l’ambiente la produzione di energia, la produzione industriale e, lo stile di vita delle persone. Attualmente esiste già un dipartimento per la Transizione ecologica e gli investimenti verdi, fa parte del ministero per l’Ambiente.
Sul sito di riferimento del Dipartimento si legge quanto segue: Il Dipartimento per la transizione ecologica e gli investimenti verdi cura le competenze del Ministero in materia di economia circolare, contrasto ai cambiamenti climatici, efficientemente energetico, miglioramento della qualità dell’aria e sviluppo sostenibile, cooperazione internazionale ambientale, valutazione e autorizzazione ambientale e di risanamento ambientale. l Dipartimento esercita, nelle materie di spettanza del Ministero, fatte salve le specifiche competenze attribuite al Dipartimento per il personale, la natura, il territorio e il Mediterraneo, le competenze in materia di: politiche per la transizione ecologica e l’economia circolare e la gestione integrata del ciclo dei rifiuti; strategie nazionali di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici; mobilità sostenibile; azioni internazionali per il contrasto dei cambiamenti climatici, efficienza energetica, energie rinnovabili, qualità dell’aria, politiche di sviluppo sostenibile a livello nazionale e internazionale, qualità ambientale, valutazione ambientale, rischio rilevante e autorizzazioni ambientali; individuazione e gestione dei siti inquinati; bonifica dei Siti di interesse nazionale e azioni relative alla bonifica dall’amianto, alle terre dei fuochi e ai siti orfani; prevenzione e contrasto del danno ambientale e relativo contenzioso; studi, ricerche, analisi comparate, dati statistici, fiscalità ambientale, proposte per la riduzione dei sussidi ambientalmente dannosi.
Non è ancora chiaro però che responsabilità dovrebbe avere il nuovo Dicastero per la Transizione ecologica nella gestione dei fondi del Recovery Fund, né di quanti dei quasi 70 miliardi di euro previsti si occuperebbe in concreto.
Il Ministero della transazione ecologica nell’area Euro
L’esperienza del neo Ministero si articola in modi differenti in alcuni paesi europei che l’hanno adottato.
In Austria si chiama Ministero per l’azione climatica, l’energia, i trasporti, l’industria, l’innovazione tecnologica. Il progresso ambientalista di questo paese non si sposa con la sua ristretta visione in materia di migrazione in Europa, infatti, l’Austria è uno dei paesi che si oppone ad una gestione comune di un fenomeno, che dovrebbe interessare tutta l’Europa. Il Ministero per l’azione climatica è gestito da Leonore Gewessler, che ha portato il paese ad essere all’avanguardia nelle politiche energetiche e ambientali.
In Spagna è il Ministero della Transizione ecologica e della “sfida demografica”, è nato per fare la lotta allo spopolamento e abbandono delle zone rurali della Spagna. Il Ministero si interessa di energia e ambiente.
In Francia si chiama della Transizione ecologica e solidale, e si occupa di ambiente, energia, clima, trasporti, economia circolare. La sfida climatica è molto sentita nel paese, e proprio per questo di recente il Governo è stato condannato per inazione climatica dopo una campagna, “Affaire du siecle”, costruita con decine di avvocati e che ha coinvolto milioni di persone.
Bisogna aspettare e capire in Italia, il Ministero della Transizione ecologica in che modo si svilupperà. In teoria, affinché funzioni, dovrebbe avvenire una riorganizzazione del Ministero dello Sviluppo economico (Mise) in chiave ambientalista, del Ministero dell’Ambiente, dei Trasporti e probabilmente delle Infrastrutture. Sembra che in Italia il nuovo Ministero non preveda, per ora, l’accorpamento di altri ministeri (sarebbe la scelta più giusta). La nascita del Dicastero lascia un po’ di confusione in chi conosce bene la politica strutturale del Mise rivolta per anni verso il carbon fossile e verso enti come Eni, e poco incline all’economia circolare e all’economia Verde. Il Ministero dell’Ambiente negli anni più recenti è stato quasi solo di facciata, non risolvendo tantissimi problemi, e perseguendo la sua azione a colpi di slogan, accordi e incontri spesso inconcludenti.
L’Eterna battaglia ecologista
I gesti del singolo possono invertire trend. Noi possiamo agire su quello che mangiamo, su come ci vestiamo, su come ci muoviamo, su cosa buttiamo, su come spendiamo i nostri soldi – è quello che spiega in una lunga intervista a Famiglia Cristiana il climatologo Grammenos Mastrojeni.
Secondo il diplomatico Mastrojeni, che da venti anni svolge attività di ricerca e docenza universitaria su tematiche ambientali e sviluppo sostenibile, bisogna smitizzare due dei principali freni all’impegno individuale: l’idea che siamo solo gocce nell’oceano e l’impressione che comportamenti responsabili siano soprattutto un sacrifico, una rinuncia.
I nostri comportamenti in armonia con la biosfera generano benessere e ci lasciano più soldi in tasca.Se ne è accorta anche la finanza – sostiene il diplomatico – infatti si assiste al cambiamento del portafoglio dei grandi investitori: il 60% di investimenti sono sostenibili, perché si sono rivelati più competitivi e durevoli nel tempo.
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