Come salvare la biodiversità

Ci stiamo estinguendo? In attesa del summit di Kunming, in Cina, 50 scienziati hanno presentato una lista degli obiettivi da raggiungere per preservare la biodiversità

Rischiamo l’estinzione di massa, per esattezza la sesta, e secondo alcuni studi condotti, sarebbe già in corso. La Convention of Biological Diversity (CBD), ha pubblicato un documento, che rappresenta una sorta di antipasto di tutto quello che verrà presentato in aprile in Cina, alla quindicesima conferenza delle parti organizzata dalla CBD.

CBD

Stabilita nel 1992 durante l’Earth Summit di Rio de Janeiro e firmata da 196 Paesi del mondo (tra i pochissimi non firmatari ci sono anche gli Stati Uniti), la Convention of Biological Diversity è un trattato multilaterale che impegna tutti i partecipanti a lavorare per preservare la biodiversità, la sostenibilità e una più equa distribuzione delle risorse nel mondo. Per ora la CBD si è riunita 14 volte in altrettanti eventi chiamati Conference of the Parties, in breve COP – da non confondere con le altre COP che si sono tenute in questi anni, per esempio quelle del Protocollo di Kyoto o quelle della Convenzione quadro dell’ONU sui cambiamenti climatici, la cui prossima edizione, la COP27, si terrà a novembre prossimo, come ripostato da Focus.

Il documento pubblicato in questi giorni non è ancora quello che sarà presentato a Kunming, in Cina, ma una sua sintesi, che è già stata spedita alle istituzioni dei Paesi membri della CBD e che contiene una serie di linee guida su come affrontare la sfida della conservazione della biodiversità.

Cosa dice il documento CBD

Non si può pensare di agire solo a livello locale: è necessaria coordinazione internazionale, sia in termini di azioni concrete sia di monitoraggio. Quest’ultimo in particolare è un punto dolente: la maggior parte dei dati a nostra disposizione relativi alla biodiversità sul pianeta sono stati raccolti in Paesi sviluppati e nelle vicinanze di strade o insediamenti; più in generale, meno del 7% della superficie terrestre è attualmente monitorata.

Secondo Survival la soluzione è un’altra, ed è semplice: lasciare che siano gli indigeni a occuparsi delle proprie terre. Questi popoli sono i migliori custodi dell’ambiente, come dimostra un autorevole studio.

Secondo Paul Leadley, ex presidente di bioDISCOVERY, i governi mondiali faticano ancora a capire quanto profondi siano i cambiamenti che ci attendono, e a volte sembra che non vogliano neanche pensarci. La COP15 di quest’anno sarà quindi anche un’occasione per un nuovo, ennesimo ultimatum. Non a caso, l’ultima (ma non ultima) delle indicazioni contenute nel documento inizia con due semplici parole: “Act now”, agire ora.

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