Secondo uno studio Greenpeace anticipare al 2028 lo stop alle auto benzina farebbe risparmiare più di 600 miliardi di euro
Anticipando lo stop alle vendite dei veicoli a diesel e benzina al 2028 si ridurrebbe il consumo europeo di petrolio di 540 milioni di tonnellate e le emissioni di CO₂ di 1,7 miliardi di tonnellate. È quanto emerge dal nuovo studio di Greenpeace Germania “Drive change”, che esamina la differenza rispetto allo scenario proposto dalla Commissione Europea, recentemente approvato dal Parlamento UE, di phase-out dei motori termici al 2035. Anticipare la data al 2028 porterebbe inoltre a un risparmio di 635 miliardi di euro per i consumatori europei.
Fermare la vendita di auto fossili anche in Italia
Anche in Italia, fermare la vendita delle auto fossili nel 2028 – come richiede Greenpeace – farebbe risparmiare 51 milioni di tonnellate di petrolio, 162 milioni di tonnellate di CO₂ e 66 miliardi di euro. Un phase-out nel 2030, come proposto dai Paesi europei più progressisti, comporterebbe risparmi inferiori, ma comunque significativi rispetto alla proposta della Commissione.
I prezzi dell’energia sono alle stelle, in Europa è in corso una guerra finanziata dalle importazioni europee di combustibili fossili, e la comunità scientifica avverte che con l’attuale livello di emissioni non rispetteremo gli obiettivi dell’Accordo di Parigi sul clima. L’industria automobilistica, con la sua dipendenza dal petrolio, è al centro di queste molteplici crisi, perciò non possiamo continuare a rimandare la sua riconversione, che avrebbe enormi benefici ambientali, sociali ed economici, dichiara Federico Spadini, campagna trasporti di Greenpeace Italia.
L’ambiguità del governo italiano non aiuta
Il governo italiano si è dimostrato troppo timido rispetto alla data di stop delle auto inquinanti. Ma rinviare la transizione non farà altro che aumentarne i costi sociali e ambientali: è ora che i governi europei si impegnino per una data molto più ambiziosa di quella in discussione, per il bene del Pianeta e di cittadine e cittadini europei.
Il prossimo 28 giugno, in occasione della riunione del Consiglio Ambiente, gli Stati Membri dell’UE dovranno concordare una posizione comune sugli obiettivi di CO₂ a partire dal 2025 e sul divieto di vendita di nuove auto alimentate da combustibili fossili. La posizione dell’Italia è ancora incerta: il Comitato interministeriale per la transizione ecologica (CITE), con una posizione già di per sé problematica, si è dichiarato in favore del 2035 per le auto e del 2040 per i furgoni, ma il ministro Cingolani continua a mettere in dubbio la transizione del settore automotive all’elettrico e spinge per posizioni ancora più di retroguardia, mettendo in serio pericolo gli obiettivi climatici dell’Italia e la tenuta di un settore produttivo già in estremo ritardo su una transizione che non può più essere rimandata.
Non dimentichiamo mai i rischi dell’inquinamento globale e l’utilizzo dei fossili; pensiamo a ciò che causa all’ambiente, dalle catastrofi al riscaldamento, ai cicloni e tempeste violente, e a temperature insopportabili. Le conseguenze riguardano anche lo scioglimento dei ghiacciai, la diffusione di nuovi virus.
Le voci meno progressiste all’interno del governo Draghi e le lobby dell’auto continuano a sollevare lo spauracchio della perdita di posti di lavoro e di competitività per l’industria italiana, ma vengono puntualmente smentite da studi che dimostrano come questo rischio sia pressoché inesistente. Il vero danno economico e occupazionale sarà invece causato proprio dal ritardo che si tenta ancora di imporre alla transizione all’elettrico, allo sviluppo delle fonti rinnovabili e delle relative infrastrutture e a forme di mobilità alternativa. È il momento che il governo italiano smetta di farsi influenzare dall’industria dei combustibili fossili e scelga ciò che è davvero giusto per l’ambiente e l’economia del Paese, conclude Spadini.
Le alternative al fossile
Molti pensano che l’aumento improvviso del carburante, sia una strategia per spingere le persone ad acquistare auto elettriche. Gli amanti dei complotti, e quelli che stanno dall’altra parte, invece sono convinti che esistono molti svantaggi passando ad auto elettriche, fra cui le batterie, le colonnine che mancano e così via.
Una delle alternative al fossile esiste ed è la bicicletta oppure camminare a piedi, ma nell’era della tecnologia tutto ciò è solo un sogno. In realtà, le auto elettriche aiuteranno a ridurre la dipendenza dell’Europa dalle importazioni di greggio. Le elettriche nel loro ciclo di vita hanno bisogno di una quantità di materie prime di gran lunga inferiore rispetto a quelle alimentate a combustibili fossili. Sono alcuni degli aspetti che emergono dall’ultimo studio di Transport & Environment, l’associazione di Ong che promuove il trasporto sostenibile nel vecchio continente.
Lo studio evidenzia come, rispetto ai 17.000 litri di benzina bruciati in media da un’automobile, la batteria di un veicolo elettrico consumi appena 30 chili di materie prime, tenendo conto del processo di riciclo. Oggi, la dipendenza dell’Europa dal greggio supera di gran lunga il suo fabbisogno di materie prime necessarie per le batterie. Questo divario è destinato ad aumentare ancora, visto che i progressi tecnologici nel prossimo decennio ridurranno della metà la quantità di litio che occorre per fabbricare una batteria per auto elettriche; al contempo diminuiranno le quantità necessarie di nichel (di circa un quinto) e di cobalto (di oltre tre quarti).
Fonte: Greenpeace Italia
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