Luce e speranza dalle tenebre

Come un piccolo cieco ragiona con molto buon senso del mondo che non ha mai visto

Condensato da The New york Times – Selezione dal Reader’s Digest – giugno 1959Dottor Howard A. Rusk

Talvolta le lezioni più profonde ci vengono da dove meno le aspettavamo. Consideriamo, per esempio, questi brani di una trascrizione verbale di colloqui avuti a scopo terapeutico con un ragazzo di dodici anni, cieco dalla nascita, che era stato allontanato dalla scuola perché ritenuto – estraniato dalla realtà

Registrata all’insaputa del ragazzo, essa è la pura e nuda espressione di uno spirito luminoso che si sforza di trovare se stesso. ecco, nelle precise parole di Bob, alcuni dei suoi dubbi e delle sue convinzioni:

Ci sono tante di quelle cose in questo mondo che tutti potrebbero sforzarsi di ottenere e acquistare, serbandone una parte per sé soli e distribuendo il resto agli altri intorno a loro. Non il denaro, perché il denaro ha valore, soltanto per quello che può fare, ha valore quando lo si usa per aiutare. Ma tutti potrebbero sforzarsi di ottenere la bontà, la lealtà e potrebbero distribuirle agli altri.

Ho sentito alla radio questo gran parlare che si fa dell’integrazione nelle scuole. Sembra che facciano tanto di quel chiasso perché certi bambini sono diversi dagli altri: dicono che è il colore della loro pelle. Penso che sono fortunato a non vedere le differenze di colore, perché mi sembra che tutto l’odio di cui questa gente si riempie la testa deve cacciar via ogni possibilità di diventare più comprensivi.

Un giorno, Bob ebbe a dire: Ho notato giorni fa quando avevo del cotone nell’orecchio perché mi faceva male, che tendevo camminando a piegare sempre da una parte e a battere nel muro. Non mi ero reso mai conto dell’importanza che ha per me l’udito – il rumore dei miei passi, il rimbalzare del suono – per farmi andare a tempo con il mio senso dell’orientamento.

Anche un’altra volta, nell’attraversare l’ingresso, sono passato davanti alla porta di una stanza e dentro c’era un chiasso tale che ho perso del tutto la direzione.

Era una sensazione orribile, come sprofondare nel vuoto. Temevo di battere in qualche cosa.

Non puoi mai sapere se vai verso una cosa buona o verso un guaio, perché non hai modo di sapere lì per lì se è una cosa che ti piace, che vuoi, che ti serve o se invece è una cosa che ti capita fra i piedi. Perciò non la prenderei a calci e non la spingerei da parte. Non mi deciderei mai in anticipo, perché facendolo potrei sbagliare di grosso. Potrei distruggere una cosa che forse mi sarebbe di grandissimo aiuto, e la distruggerei per ignoranza, senza sentir ragioni. Così avviene con i pregiudizi.

In un altro colloquio Bob riparlò della difficoltà di orientarsi.

Camminavo per un sentiero verso il bosco vicino alla scuola. A un tratto passarono di corsa un ragazzo e un cane. Io mi spaventai, feci un salto indietro e cascai in mezzo ai cespugli. Quando mi districai e mi rimisi in piedi non riuscii a ritrovare il sentiero. Avevo perso la direzione. Non sentivo nessun rumore che mi guidasse.

Chiamai, non rispose nessuno. Ero circondato dal silenzio e dalla confusione. Poi prova e riprova, dopo molte cadute e molti urtoni nei cespugli, sentii le campane della vecchia chiesa che è a nord della scuola, e allora capii dov’ero. Tornai senza altre difficoltà. Ma quel senso terribile di non raccapezzarmi, di non sapere da che parte girarmi, dove andare, fu tremendo!

E a un tratto mi venne in mente Roy Campanella, un grande giocatore di baseball al quale era occorso un grave incidente automobilistico. All’improvviso, si ritrova paralizzato e tutta la sua vita deve cambiare. Mi sono spesso chiesto se avrei preferito essere cieco come sono, o paralitico come Campanella. Ho ripensato al terrore che mi aveva preso quand’ero caduto nei cespugli e non sapevo più dov’ero. Ho sempre sostenuto che non c’è nulla di peggio ch’essere ciechi. Ma ho ripensato a Campanella.

Era stato un gran giocatore, e ora era tutto finito. Probabilmente ora si chiedeva che cosa fare, da che parte girarsi. E mi sono detto che la cosa peggiore che ti può capitare non è essere cieco o paralitico: la cosa peggiore è perdere completamente la direzione della tua vita e sentire che non hai da che parte andare.

Bob parlava un giorno della sua cecità: Spesso mi sono chiesto come dev’essere vederci. Io non ho mai visto la luce. Ma ho sempre il buio intorno a me, devo imparare a conoscere questo buio. E credo di conoscerlo molto bene. Alle volte è un amico, alle volte un nemico. Ma poi non è al buio che dovrei darne colpa.

Se i desideri si potessero avverare, chiederei di vederci. Ma se avessi un solo desiderio da esprimere, non lo sprecherei per chiedere di vederci. Chiederei che tutti potessero capirsi gli uni con gli altri e capire come uno sente in cuor suo.

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