Come applicare le tecniche di neuromarketing per aumentare il fatturato? Quali sono le strategie di neuromarketing e quali i suoi limiti?
Prima che internet si diffondesse, per conquistare nuovi mercati era necessario fare un lavoro estenuante. Parliamo di ricerche di mercato noiose e lunghe. Chi faceva impresa andava spesso incontro a grandi rischi, era fondamentale avere capitale a disposizione, un po’ di spregiudicatezza e molto coraggio.
I mezzi economici a disposizione erano un vantaggio delle grandi multinazionali, che avevano la possibilità di impiegare risorse per accurate indagini di mercato, per farsi sostenere da gruppi di esperti, software altamente sofisticati, impostare campagne pubblicitarie costose.
L’importanza dei social media
I social media hanno un ruolo centrale oggi, e ne esistono diversi che le aziende utilizzano per target specifici, e per valutare il terreno, prima di fare altre scelte di marketing.
A cosa servono i social media?
- Socializzare
- Ricerca informazioni
- Intrattenimento
- Lavoro
Elenco dei social media più utilizzati (e anche quelli poco conosciuti, ma non per questo minori);
- Tik Tok
- Youtube
- Snapchat
- Telegram
- BeReal
- Quora
- Medium
- Ask.fm
- Tumblr
- Meetup
- Disqus
Con l’avvento del web e dei social media la musica è cambiata anche per le piccole attività commerciali, che hanno potuto impostare campagne di marketing, anche con budget limitati.
A questo punto parliamo di neuromarketing, una tecnica che ha trovato ampi campi di applicazione proprio grazie alla globalizzazione digitale che consente di raggiungere consumatori in tutto il mondo in breve tempo.
Applicare una strategia di neuromarketing significa considerare fattori come le emozioni, parlare alla pancia delle persone, alla loro sensibilità. e ancora evocare immagini, mettere in modo, insomma, meccanismi che attivano nella mente una visione, un odore, che danno impulso all’immaginazione. Dietro questa tecnica c’è molto studio, e di solito si applica utilizzando alcune parole, che per loro natura fanno breccia nella mente e nel cuore delle persone.
Alcune aziende sono diventate dei simboli assoluti, anche se commercializzano prodotti molto costosi. Ogni anno, infatti, macinano record su record. Altre tipi di imprese mirano alla produzione con standard elevati di beni di lusso destinati ai super ricchi. Altre, invece si basano sulla semplicità con l’obiettivo di arrivare al grande pubblico.
Ogni strategia viene studiata meticolosamente e come primo passo testata sui social network. Poi le aziende si rivolgono a campagne di massa, nelle tv, su cartelloni, stampa ecc.
Anche l’occhio vuole la sua parte – questa frase, forse riassume la società delle apparenze, di evidenze ce ne sono tante. Proprio in virtù delle immagini e dell’apparenza, molti brand costruiscono un vero impero. Basti pensare a Influencer con numeri da capogiro.
Il Neuromarketing è utilizzato in molti campi, persino nella politica, dove spesso gli slogan si sostituiscono ai contenuti. Fondamentale è anche individuare il prezzo psicologicamente giusto per ogni prodotto, diverso dal prezzo oggettivamente giusto.
Questa scienza passa attraverso previsioni e strategie sempre più attente e studiate nei minimi particolari.
Neuromarketing ed emozioni
Secondo Gerald Zaltman, il 95% delle decisioni di consumo viene influenzato dall’inconscio, e di conseguenza di tipo irrazionale.
Le persone sono continuamente esposte a messaggi che arrivano da ogni parte, spot in tv e alla radio, sui social network, dai cartelloni stradali. Tutto è pubblicizzato, ed entra a far parte del nostro stile di vita. Dietro agli slogan, alle immagini e ai messaggi veicolati vi è una strategia ben precisa.
Gli stimoli che ci arrivano vengono immagazzinati dal nostro cervello e questi meccanismi ci permettono di fare associazioni con i diversi marchi, collegandoli a determinati odori, suoni, colori, sensazioni o emozioni.
Scienza e neuromarketing
Il neuromarketing si serve di strumenti come elettroencefalogrammi che permettono di misurare quali aree del cervello vengono attivate durante la visualizzazione di un annuncio o la presentazione di un prodotto. Ad esempio, sapendo che l’attivazione della corteccia prefrontale sinistra è associata alle emozioni positive, i marketer possono ottenere dati sulla risposta del cervello ai diversi stimoli esterni.
Chi studia neuromarketing ritiene che i metodi di ricerca tradizionali (come focus group e sondaggi) siano spesso molto imprecisi. Infatti, i consumatori non riescono mai ad esprimere perfettamente i meccanismi inconsci che li spingono a comprare certi prodotti.
La risposta razionale del consumatore a sondaggi o questionari è a volte influenzata da alcuni fattori. Infatti, da un lato le persone cercano di dare la risposta corretta perché, essendo per natura socievoli, cercano continuamente l’approvazione altrui e ciò può influire sulle risposte. Dall’altro lato, invece, ciò che crediamo di provare non sempre corrisponde alla verità, per cui le risposte degli intervistati spesso non coincidono con i risultati dei test di imaging cerebrale.
Master di Neuromarketing
Molti sono i corsi e i master in neuromarketing. Le Neuroscienze applicate allo studio dell’intelligenza Emotiva permettono a chi insegna di accedere a conoscenze complete su quali sono i processi di apprendimento del cervello umano. Inoltre, la neuroscienza studia il cervello in relazione anche allo sviluppo della personalità. Infine, l’altro legame è quello tra cervello e decisioni.
Wikipedia restituisce una definizione ben precisa di neuromarketing:
Il neuromarketing è una branca di riferimento della cosiddetta neuroeconomia e indica una recente disciplina volta all’individuazione di canali di comunicazione più diretti ai processi decisionali d’acquisto, mediante l’utilizzo di metodologie legate alle scoperte delle neuroscienze. È una disciplina che fonde il marketing tradizionale (economia) con neurologia (medicina) e psicologia (scienze comportamentali) e si prefigge di illustrare ciò che accade nel cervello delle persone in risposta ad alcuni stimoli relativi a prodotti, marche o pubblicità con l’obiettivo di determinare le strategie che spingono all’acquisto.
L’interessamento del sistema nervoso centrale, e in particolar modo delle zone cerebrali attive durante l’esecuzione del processo decisionale, sono all’origine della composizione del nome, coniato dal ricercatore olandese Ale Smidts nel 2002.
L’efficacia dei risultati è perseguita attraverso:
- l’utilizzo di determinate tecniche di comunicazione nei messaggi;
- la forte personalizzazione dei messaggi in base al cliente obiettivo;
- la verifica con focus group di appartenenti al target cliente;
- la triangolazione dei dati raccolti attraverso altre metodologie
Nella pratica, soprattutto sui social network assistiamo a molti esempi di strategie che hanno funzionato. Parliamo di influencer e non solo. Molti brand hanno ottenuto risultati sorprendenti inventando uno slogan, ma anche attraverso campagne di marketing mirate, o attraverso lo storytelling e così via. Gli stimoli sono gli imput: messaggio, testo, immagine, video ecc.
Il neuromarketing si presenta come una scienza multidisciplinare, e disegna un nuovo campo di studi, di valutazioni strategiche e di applicazioni. Parliamo di neuroeconomia, psicologia cognitiva, intelligenza emotiva, ma anche marketing tradizionale, digital marketing e comunicazione.
Si serve di studi scientifici di molte altre discipline che hanno come oggetto di studio la persona e il suo cervello, come ad esempio, la semiotica, il design, la filosofia del linguaggio, la sociologia, la linguistica e le teorie sull’apprendimento.
Il neuromarketing guida le imprese a comprendere meglio e in modo più profondo i bisogni, le attese e i desideri delle persone, per favorire il miglioramento continuo delle proprie strategie di marketing , di comunicazione, di management e di brand equity.
I contenuti sono al centro di questa scienza, basti pensare ai Content Creator, che operano sui social network, ma che realizzano anche contenuti per diverse piattaforme come siti web, blog aziendali, giornali on line ecc.
Il neuromarketing deve rispondere a queste domande:
- Quali spinte dovrebbe avere una promozione commerciale per avere un impatto maggiore sui consumatori?
- Quale dovrebbe essere il livello di ripetizione in ciascun mezzo per rendere più efficace una campagna di advertising?
- Quali sono gli stimoli sensoriali che un prodotto dovrebbe contenere per innescare un meccanismo di memorizzazione e successivamente di soddisfazione del cliente?
- Quale può essere la migliore strategia commerciale per distinguersi dai competitor?
Tecniche di neuromarketing ed esempi di brand
Gli esperti si interrogano dei limiti del neuromarketing, cioè del pericolo di manipolazione, purtroppo, molto frequente. Il processo decisionale è l’elemento da analizzare, e le aziende spendono milioni di euro per farlo al meglio, perché dalle abitudini dei consumatori capiranno come impostare le campagne di marketing.
nel neuromarketing vi sono più livelli. Il primo riguarda la sopravvivenza, l’alimentazione. Il secondo la gestione delle emozioni, il cervello nuovo si associa invece alle funzioni cognitive complesse come il linguaggio, la consapevolezza di sé, l’uso di strumenti e il ragionamento astratto.
Il 95% della capacità di apprendimento risiede nell’inconscio, e ciò vale anche per i consumi. Il neuromarketing studia le reazioni, le emozioni facciali, il battito cardiaco, il flusso sanguigno in relazione alla visione di un brand o immagine.

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