Cambiamenti climatici senza finanziamenti, approvato il piano

In Italia è stato approvato il Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici a dicembre 2023, e su questo non ci piove. L’iter è stato lunghissimo, infatti, sono stati necessari sette anni e quattro governi, ma alla fine anche in Italia è stato adottato uno strumento per affrontare le conseguenze della crisi climatica.

Fin qui, sembrerebbe una buona notizia. Dell’approvazione ha parlato lo stesso Ministero dell’Ambiente spiegando che l’obiettivo principale del Piano è quello di “fornire un quadro di indirizzo nazionale per l’implementazione di azioni finalizzate a ridurre al minimo possibile i rischi derivanti dai cambiamenti climatici, a migliorare la capacità di adattamento dei sistemi socioeconomici e naturali, nonché a trarre vantaggio dalle eventuali opportunità che si potranno presentare con le nuove condizioni climatiche”. 

Piano di adattamento per i cambiamenti climatici: Sarà mai attuato?

Purtroppo vi sono molti dubbi sull’attuazione di quanto approvato. Il rischio è che la Strategia resti solo su carta. Per il momento, infatti, poche delle azioni previste hanno una corrispettiva voce di finanziamento.

Come riporta L’indipendente – L’Italia era l’ultima tra le grandi economie europee a non disporre del Piano. La strategia, così come è stata attuata, prevede 361 misure da adottare su scala nazionale e regionale, le quali toccano numerosi settori: dall’agricoltura, all’energia passando per turismo, foreste, insediamenti urbani ed ecosistemi acquatici e terrestri.

Non bisogna dimenticare che l’Italia  fa parte del cosiddetto hotspot mediterraneo, un’area considerata particolarmente a rischio.

Le azioni sono state inoltre distinte in base all’impegno richiesto dalla loro successiva attuazione. Figurano quindi azioni “soft”, che non richiedono interventi strutturali e materiali diretti, e azioni “non soft”. Quest”ultime si distinguono poi in due ulteriori tipologie: azioni “green” che richiedono interventi materiali che intervengono sulle risorse naturali e le azioni “grey” che invece implicheranno la costruzione di nuovi impianti e infrastrutture.

Il mondo degli ambientalisti all’attacco del piano

Una prima critica mossa dalle realtà ambientaliste è che la maggioranza delle azioni, quasi il 70%, rientra nella categoria “soft”, nonostante sia stata più volte sottolineata la necessità di interventi strutturali profondi. Tra l’altro è lo stesso Piano a certificare l’elevata vulnerabilità dello Stivale alla crisi climatica. L’Italia – si legge nel testo – vanta il triste primato del valore economico delle perdite subite in UE negli ultimi 40 anni a causa degli eventi meteo estremi.

In un periodo di guerre e conflitti, l’Italia trova risorse per armare e per inviare armi, ma per la crisi climatica mancano fondi.

Infatti, i finanziamenti necessari per attuare la Strategia di adattamento sono per ora assenti. «Ricordiamo al ministro dell’Ambiente e al Governo Meloni che per attuare il Piano sarà fondamentale stanziare le risorse economiche necessarie e ad oggi ancora assenti, non previste neanche nell’ultima legge di Bilancio», ha commentato Stefano Ciafani, presidente di Legambiente.

Le risorse. Nel testo del Pnacc vengono elencate alcune risorse potenziali: vari programmi Ue come Life, il Fesr (fondo europeo di sviluppo regionale), il meccanismo Ue di protezione civile, la Urban initiative action, Horizon Europe e la politica agricola comune.

Crisi climatica: L’attesa costa

Inoltre, aspettare ancora non è affatto a costo zero. Infatti, Nell’ultimo anno gli eventi meteo estremi legati al riscaldamento globale sono cresciuti del 22%. Non dimentichiamo che le alluvioni in Emilia-Romagna e in Toscana hanno provocato perdite equivalenti ad oltre un terzo della legge di Bilancio presentata dall’esecutivo.

Il concetto che la prevenzione ci fa risparmiare soldi non è stato ancora assimilato da chi ci governa oggi, né ovviamente da chi lo ha fatto in passato.

Scaricare le responsabilità sull’UE

In fatto di stanziamento di fondi, nel Piano, appare evidente l’intenzione di scaricare le responsabilità sull’UE. Nella sezione dedicata ai finanziamenti si specifica ad esempio che “solo una parte delle risorse cui si fa riferimento sono nelle dirette disponibilità del sistema Italia. Lo schema europeo di finanziamento citato prevede infatti una allocazione dei fondi su base competitiva e dunque l’attribuzione è incerta e sottoposta alla condizione di uno sforzo particolare per la presentazione di candidature qualitativamente eccellenti”.

Negli ultimi 40 anni, nella penisola italiana frane e alluvioni hanno causato danni per 51 miliardi di euro. Secondo una statistica dell’EEA (European Environment Agency), al secondo posto c’è la Germania, con 36 miliardi, e la Francia, con 35.

Il settore con più misure è quello delle foreste (35), seguito da dissesto (29) e risorse idriche, energia e agricoltura (con 28).

Eppure sui cambiamenti climatici siamo in ritardo su tutto e in modo assurdo. E ancora oggi, esiste una certa stampa che nega che il clima stia cambiando e stia causando non pochi danni alla popolazione.

Per il momento il piano di adattamento ai cambiamenti climatici resta un piano di intenzioni, in attesa che si trovino risorse per attuarlo realmente. Se ci fosse volontà, forse ci sarebbe una speranza. Ma le priorità di chi ci governa sono ben altre.

Come sta cambiando il clima?

Le ondate di calore sono un sintomo evidente del cambiamento che sta colpendo il nostro pianeta. Le previsioni ci parlano di un ulteriore surriscaldamento della terra. Gli impatti di questo stato di cose, la criosfera (neve, ghiacciai e permafrost, che perdono il 30/40% del proprio volume), le zone umide, la costa, le risorse idriche. Infine, anche il suolo è interessato dal dissesto e tutti gli ecosistemi terrestri.

La pandemia non è molto lontana. La Società italiana di Medicina Ambientale, attraverso uno studio ha trovato una relazione fra numero di casi da Covid-19 e superamento di PM10 e PM2,5. In base a tale studio sembra che le polveri sottili accelerino il contagio, perché il virus viene trattenuto nell’atmosfera più a lungo proprio dalle particelle di smog. Inoltre, l’ecosistema, ha anche la funzione di controllare i patogeni che causano malattie, ma se si crea una frattura nell’equilibrio dell’ecosistema, si possono verificare casi in cui gli umani vengano a contatto con patogeni che il sistema ha reso liberi (senza protezioni), per cui le malattie riescono a trasmettersi dagli animali all’uomo. E’ ciò che è accaduto con il Covid-19.

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