Morire positivo: Come vorresti il tuo funerale? Dying well o funeral party

Chi non ha mai pensato al giorno del proprio funerale?  Forse in molti; in effetti oggi non c’è molto tempo per pensare alla morte. Alcune persone anziane, invece, raccomandano di rivolgere un pensiero alla morte (alla propria si intende, non a quella degli altri) almeno tre volte al giorno. Dicono che si diventa più buoni, come a Natale.

Dopo gli scongiuri obbligatori si può entrare nel vivo del tema – “si fa per dire”

Forse è il caso di pensare alla morte, toccando ferro, è ovvio. In fondo, è l’altra parte della medaglia, poi è democratica, può sorprendere, per usare degli eufemismi. La verità è che da millenni si celebra il passaggio a miglior vita, il trapasso in modi diversi in tutto il mondo. Ogni popolo ha un suo stile, obbedisce a dei rituali per dire addio ai defunti.

La morte è stata sempre celebrata fin dai tempi degli Egizi, i quali, come ben sappiamo mummificavano i defunti. Il rituale islamico, invece prevede che il corpo venga lavato e avvolto in un lenzuolo, per poi pregare.

In molti stati dell’America i funerali si celebrano dopo circa sette giorni; nel frattempo il defunto viene imbalsamato, truccato, pettinato e posto nella camera ardente per le visite. Vi sono agenzie che organizzano tutto (visite, fiori, chiesa, annuncio sui giornali e così via). Dopo i funerali si usa andare al ristorante. In Italia solo da poco tempo ci si è organizzati un po’ meglio, tanto che anche nel nostro paese è possibile affidarsi ad agenzie per l’organizzazione completa dell’ultimo viaggio.

Da qualche anno, esiste perfino un sito web di comparazione dei prezzi delle agenzie funebri per zona.

In passato e ancora oggi in alcune parti d’Italia la morte è diventata “business”; a volte, infatti, le forze dell’ordine hanno scoperto accordi con cliniche ed ospedali e nel profondo sud è noto come la gestione delle pompe funebri stia in mano alla camorra (o una parte di essa).

Anche in questo campo molte cose stanno cambiando e l’ultimo saluto sta addirittura diventando green con uno stile wellness in molte parti del globo.

Infatti, nel mondo si sceglie di morire sempre meglio; si scelgono urne ecologiche o illuminate, lancio di lanterne nel cielo, spargimento delle ceneri. La tradizione ha vita difficile, è indubbiamente messa a dura prova oggi. La nuova tendenza è chiamata “Dying well”ed è stata inclusa nella top 8 dei trend benessere a cura del Global Wellness Institute. Sono state analizzate le più grandi novità alle quali molti si stanno adeguando; parliamo di feretri di vimini, di bare con design particolari, urne da sotterrare in giardino. 

Fra le altre novità, troviamo i cimiteri social, dove intrattenersi con eventi, spettacoli artistici e sfilate di moda. 

Il primo “Death cafè“, invece è nato a Londra nel 2011, dall’idea di un certo Jon Underwood, il quale organizzava incontri nella cantina della sua abitazione per parlare del tema “morte”. Si organizzano anche terapie di gruppo e stanno ritornando in voga i sensitivi.

Gli esperti parlano di cambiamento epocale, ma forse non è il termine esatto da usare, in fondo la tradizione si sta solo trasformando per essere al passo con i tempi.

La morte resta comunque un tema affascinante, molto più della vita; d’altra parte spesso è lei a far nascere i miti, ne ha fatti nascere così tanti! E proprio così, per avere successo bisogna essere morti, mezzi morti o non godere di buona salute. Si pensi a Mozart, forse il più grande esempio, il quale morì in miseria, senza nemmeno una bara e al seguito del feretro non vi era altri che il suo cane. James Dean, Lady D, Morrison, gente diventata mito grazie a lei: la morte. Diciamola tutta: se sei vivo non sei molto interessante.

Oggi, siamo diventati solo social e più sofisticati, ma la morte resta sempre quel mistero che non riusciamo a penetrare, per cui basta fare ironia per non averne più paura, in fondo si dice  Mal comune, mezzo gaudio. Meglio allora inventare nuovi modi per celebrare l’ultimo addio: luci, fiori e anche  uno spettacolo non è poi una cattiva idea. Si dice “pensare positivo”, allora perché non si può dire anche“morire positivo” ?

Non è una nuova moda; la morte è sempre esistita. Abbiamo solo bisogno di aggrapparci ai riti terreni per spiegarci quello che una spiegazione non ha.

A proposito di spettacoli le “piagnone” o prefiche esistevano già nella Magna Grecia e in Egitto, poi hanno avuto molto successo nel sud Italia, in particolare in Basilicata. Le professioniste del lutto (un mestiere inventato) venivano ingaggiate per piangere ai funerali. Le prefiche vestite di nero gridavano e piangevano, si strappavano i capelli e si graffiavano il viso, in pratica offrivano un servizio ulteriore al funerale, vendevano la “sofferenza”, era una sorta di spettacolo o meglio una tragedia. Le lacrime terrene, ancora una volta servivano per mandar via tutto il dolore, per dare più onore al defunto, per dimostrare quanto era amato. Per la stessa ragione servono i fiori, le lanterne e i party, le poesie e le canzoni, l’abbigliamento nero, la tristezza, la bara e il loculo, le foto. Serve ricordare, commemorare e trovare nuovi modi per farlo: con un concerto, una partita o una dedica speciale.

Conosco molti che hanno organizzato da vivi il proprio funerale fin nei minimi particolari. Voglio pensare che queste persone abbiano raggiunto una saggezza e una grandezza, ma soprattutto una serenità d’animo che ti permette di inserire un pensiero (che altri reputano negativo e da allontanare) nelle quotidiane preoccupazioni. Mi è capitato di osservare il volto e i movimenti di chi qualche giorno dopo sarebbe deceduto; credo che avvenga una specie di preparazione, il viso cambia espressione, è come se si iniziasse un percorso per accogliere il cambiamento imminente. 

I pensieri sono umani e non ne possiamo fare a meno; i rituali terreni sono utili tutti e anche quelli che inventeranno i nostri pronipoti. Però non servono a chi non c’è più, servono a noi vivi per rendere la morte meno incomprensibile.

 

 

 

 

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