Cosa è successo a un mese dai decreti e dai divieti
Dopo circa un mese di quarantena (per alcuni dura da più tempo) qualcuno potrebbe iniziare a porsi domande più che legittime. Ci è stato chiesto di stare a casa, facendo appello al senso di responsabilità, come avviene sempre per le emergenze e le crisi economiche o in tutti quei casi nei quali si ha l’impressione che a pagare saremo sempre noi cittadini. A noi italiani ci viene chiesto di avere pazienza e di fare sacrifici, ma facendo due conti, i conti non tornano. Questo virus arrivato come uno Tzunami avrà vita lunga, farà il giro del mondo per poi ritornare, anzi forse non ci abbandonerà affatto. Perché ci è stato chiesto di stare a casa? Se siamo positivi oppure no, con molta probabilità non lo sapremo mai. La sola certezza è che se è vero che il Covid-19 si trasmette con il respiro, con gli starnuti ed è presente sulle superfici e nell’aria, allora lo incontreremo almeno una volta sulla nostra strada. Se una parte della popolazione fa dei sacrifici, bisogna remare tutti dalla stessa parte, e chi governa deve offrire garanzie concrete, agire e decidere al meglio, e se commette errori, dopo uno, due, tre mesi non continuare a ripeterli. Si dice che le mascherine siano obbligatorie, ma di fatto non si riescono a reperire; in Tv si annunciano milioni di esemplari in arrivo dalla Cina e dalla Germania, ma anche da altri paesi, alcune fabbriche si sono trasformate e producono migliaia di pezzi al giorno, ma niente, i cittadini non riescono a trovarle e se per fortuna dovesse succedere si pagheranno care, con l’iva al 22%, proprio come un bene di lusso, ma senza griffe. Perché ci è stato chiesto di stare a casa? Facciamo due conti: perché i tamponi sono pochissimi? Perché gli ospedali e i laboratori non riescono ad analizzarli, in più mancano i reagenti; riepilogando mancano reagenti per i tamponi e mascherine.
…continua su corrierediSanNicola
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