Il Doma a San Domenico Maggiore

Dopo tempi incerti, resi tali da una pandemia che sta sconvolgendo tutti i comparti sociali, compresi il mondo dello spettacolo e i musei, finalmente si riapre al pubblico, dopo varie chiusure. Di recente il Museo di San Domenico Maggiore a Napoli è stato al centro di un giallo, a causa di un’importante opera trafugata: Il Salvator Mundi.

A pochi passi da piazza del Gesù Nuovo a Napoli, il turista che ha deciso di trascorrere pochi giorni nel capoluogo partenopeo, può ritrovarsi in Piazza San Domenico Maggiore. Il nome della piazza deriva dalla chiesa e dall’obelisco posto al centro.

Piazza San Domenico Maggiore ha un valore storico importantissimo, essa si trova proprio in prossimità del decumano inferiore, chiamato anche Spaccanapoli, perché arteria fondamentale del centro storico, progettato insieme al decumano superiore in epoca greca.

Il Museo Doma ha una lunghissima storia che attraversa ben Otto secoli. All’interno del complesso monumentale ci si imbatte in tracce lasciate da personaggi come San Tommaso d’Aquino, Giordano Bruno e Tommaso Campanella, da Tino di Camaino a Francesco Solimena da Tiziano a Michelangelo da Caravaggio, da Raffaello a Giuseppe de Ribera, , da Luca Giordano a Luigi VanvitelliDomenico VaccaroCosimo FanzagoMattia Preti e tantissimi altri artisti meno famosi, ma che comunque hanno dato lustro a questo tempio dell’arte.

Un organo del 1640 a canne è posto al centro della basilica e oltre l’ingresso principale, il percorso si snoda attraverso le sacrestie, per ammirare gli abiti del XVI secolo, fino ad arrivare nella sala degli arredi sacri, dove è ritornato, dopo essere stato trafugato, il Salvator Mundi, opera di scuola leonardesca. Intorno al ritrovamento della tavola, copia dell’originale s’infittisce il mistero. Ma misteri e segreti sono all’ordine del giorno per quanto riguarda le opere di Leonardo e in particolare del Salvator Mundi, la più costosa acquistata da un privato all’asta e della quale si sono, ad oggi, perse le tracce.

Il Salvator Mundi, esposto al Doma è attribuito dagli studiosi alla scuola di Leonardo  perché venne esposto nel 1983-1984 nella mostra “Leonardo e il leonardismo a Napoli e a Roma”. Fu proprio in quell’occasione, che il dipinto fu restaurato e sottoposto a indagini radiografiche.

L’opera è strettamente accostabile all’immagine incisa da Wenzel Hollar nel 1650 che riporta la sua derivazione diretta dall’attribuito originale leonardesco, al quale può riferirsi anche un’altra redazione nella collezione de Ganay a Parigi.

Il dormitorio principale del convento di San Domenico Maggiore, chiamato anche Corridoio di San Tommaso, dove si trova la Cella di San Tommaso d’Aquino, fanno parte del percorso del Museo San Domenico Maggiore. Qui sono presenti ancora ricordi di San Tommaso, nella cella dove abitò nell’ultimo periodo della sua vita.

Museo Sala del Tesoro

In questo luogo si giunge attraverso la Sagrestia della Basilica di San Domenico Maggiore, decorata in stile barocco, è a pianta rettangolare, progettato da Giovan Battista Nauclerio nel XVIII secolo.. Il visitatore paga un piccolo biglietto per accedere alle Arche Aragonesi. Nella sala degli arredi si possono ammirare armadi in legno spettacolari, appartenenti alla più alta e pregiata scuola della lavorazione del legno.

Oggetti e abiti di sovrani e nobili aragonesi uniti a busti, reliquie e pavimento decorato con bellissimi dipinti offrono al visitatore un’esperienza di rara bellezza.

Sui tre lati della Sagrestiasi trovano 38 feretri che hanno contenuto i corpi (alcuni imbalsamati) di 10 re e principi aragonesi, e di nobili napoletani, morti tra il XV e XVI secolo.

Secondo alcuni studiosi, fra i corpi non identificati delle arche potrebbe trovarsi anche quello di Leonardo da Vinci, il quale ebbe una relazione con Isabella d’Aragona, anche lei qui sepolta, accanto a due dei suoi figli.

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