Auto elettrica, l’Europa sarà il primo mercato al mondo

In arrivo un cambiamento epocale con investimenti miliardari in auto elettriche, ma quali sono vantaggi e svantaggi e cosa si può fare per prepararsi a questa rivoluzione?

Le statistiche iniziano a parlare chiaro: Volkswagen entro il 2030 prevede che il 50% delle sue vendite saranno auto elettriche, Toyota il 30%, Renault il 90%, in Europa si prevede il 70% e negli Stati Uniti il 40%. Le risorse da impiegare saranno enormi e non riguarderanno solo i soldi, ma anche le colonnine, la produzione di energia da fonti rinnovabili e in più, il cambiamento invaderà anche il comparto lavorativo del settore auto.

Come reggere la transizione ecologica raddoppiando la disponibilità di energia?

Tutto funzionerà con l’energia, caldaie e anche automobili, per cui il nodo della questione è ancora una volta l’energia, e per giunta proveniente da fonti rinnovabili. Mentre la tecnologia muove i primi passi verso l’ottimizzazione di tutto un sistema basato su fonti rinnovabili, attualmente, abbiamo 26.024 punti di ricarica, nel 2030 si prevedono oltre 3 milioni privati e circa 100 mila pubblici. Le colonnine sono ancora poche e la loro costruzione procede molto lentamente. Entro metà marzo prossimo il Ministero della Transizione ecologica traccerà a pianificare nuove colonnine con un decreto (con bandi Pnrr). La costruzione di una rete più vasta di colonnine per la ricarica non è il solo problema, vi sono difficoltà legate ai gestori degli abbinamenti, ai comuni che rilasciano permessi e autorizzazioni, è necessario seguire e creare determinare procedure per installare colonnine nei condomini.

Politica industriale molto bassa

Ciò che serve è una visione più ampia e meno burocrazia per realizzare le cose. In Asia si produce il 70% di batterie che serviranno per le auto elettriche, e oggi una delle poche speranze sono gli 8 GWh che sta cercando di installare Seri Industrial con il progetto Faam a Teverola (in provincia di Caserta), ma non si tratta di batterie per le auto, ma per lo storage di energia domestico, industriale e per il trasporto pubblico. Altri progetti simili sono ancora cantieri da avviare, e restano solo una minima parte di ciò che bisognerebbe fare veramente.

Le maggiori associazioni industriali fra cui Federmeccanica, Fim, Fiom e Uilm hanno ripetutamente chiesto al governo di mettere in campo politiche rivolte alla riconversione, ma ancora si aspettano risposte. Un timido segnale arriva dai miliardi immessi per la rottamazione delle vecchie auto; dall’altro lato, la sparizione di diesel e benzina provocherà milioni di posti di lavoro in meno, e nemmeno su questo fronte si corre ai ripari. La tecnologia esiste, le risorse per impiegarle nella formazione.

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