Fin da subito la guerra in Ucraina sembra svolgersi su più fronti e con diverse armi e strumenti; oltre a un conflitto di carri armati e armi tradizionali, gli altri campi di battaglia sono il web, in particolare i social e il terreno delle sanzioni economiche
Putin e la guerra sui social network
La guerra in Ucraina sta prendendo diverse strade; in ballo sembra esserci la libertà, ossia, il diritto di ogni nazione alla propria indipendenza e alle proprie scelte. Le verità sono tante, e spesso si nascondono dietro interessi che non conosciamo, dietro organizzazioni criminali. La guerra nucleare non si dovrebbe nemmeno nominare, né tanto meno immaginare. Combattere per la libertà è un’altra storia. La propaganda russa si sta scontrando contro l’opinione pubblica e contro le piattaforme. Putin teme che il dissenso interno possa crescere.
Il Presidente russo sembra essere sempre più isolato – nonostante la social-propaganda di cui la Russia è grande maestra – e con un mondo pieno di personaggi celebri che continuano a postare messaggi per la pace, a sostegno dell’Ucraina e contro la Russia.
Sui Social si combatte l’altra battaglia. La potenza militare che la Russia vanta, contro un esercito molto più debole come quello Ucraino, nel mondo social non esiste. esiste il contrario, proprio sulle piattaforme digitali Putin sembra accerchiato, condannato in anticipo per la sua offensiva.
Putin tenta di far tacere i social: I Social contro Putin, Putin contro i social
Sui social il Cremlino è costretto a giocare in difesa. Lo dimostra il fatto che sta lentamente provando a spegnere l’utilizzo delle piattaforme come Facebook e Twitter sul territorio russo. Il leader del Cremlino e i suoi consulenti si sono resi conti che la propaganda ha i suoi limiti. L’onda pacifista è enorme. E la mossa di Mosca è quella di chi ha paura e non sa più a cosa appellarsi, e prova a bloccare le piattaforme dove viaggia il dissenso, ma questo lo può fare solo in Russia e solo per alcuni social.
Cosa può fare la Russia contro le sanzioni economiche? Può costruire un’autarchia digitale o già lo sta facendo?
In realtà, Putin progetta da tempo, l’idea di rendersi indipendente dal sistema tecnologico globale. Bisogna capire se quel modello (al di fuori di un mondo globale, quello incontro al quale, invece va la Cina) è praticabile. La Russia potrebbe prepararsi a usare criptovalute, un rublo digitale e ransomware per controbattere alle sanzioni finanziarie.
L’ex Unione sovietica ha già pianificato la configurazione di una Rete “sovrana”, basata sul funzionamento di un’infrastruttura centralizzata che mira a promuovere un modello nazionalizzato di Internet separato dalla relativa struttura globale, mediante l’attuazione di politiche di sovranità digitale che prevedono l’utilizzo di tecnologie di intercettazione e di archiviazione dei dati online, espressione di un vero e proprio “Grande Firewall” volto alla costruzione di un quadro giuridico che prevede la costruzione dell’infrastruttura tecnologica, al fine di bloccare il traffico Internet in entrata e in uscita dal Paese ogni volta che il governo lo ritiene necessario e/o facilitare la relativa disconnessione (emblematica, in tal senso, la tecnologia “deep packet inspection”, utilizzata come sistema di controllo centralizzato in grado di limitare o bloccare il traffico da fonti specifiche).
Autarchia digitale russa, i limiti
Il paese di Putin potrebbe essere in ritardo su molti fronti
Anche se la Russia ha alcune aziende degne di nota nei settori digitali- Baikal e Mikron nei semiconduttori, Abbyy e Kaspersky nel software – per la maggior parte le aziende e le agenzie governative preferiscono prodotti e servizi occidentali. La quota delle aziende russe nel mercato dei semiconduttori era meno dell’1% del totale globale nel 2020, secondo l’Emis, un fornitore di dati. Nei server e nel software aziendale la situazione è molto simile.
Come l’Europa, la Russia sta perseguendo una politica di indipendenza tecnologica sui chip, con fabbriche di produzione, ma è ancora indietro.
Per applicazioni cruciali come le reti di telefonia mobile, la Russia rimane altamente dipendente dai fornitori occidentali, come Cisco, Ericsson e Nokia. Poiché questo è visto come lasciare la Russia aperta agli attacchi dall’estero, il ministero dell’industria, sostenuto da Rostec, un gigante statale di armi e tecnologia, sta spingendo affinché le reti 5g di prossima generazione siano costruite solo con attrezzature di fabbricazione russa. L’industria delle telecomunicazioni del paese, però, non sembra all’altezza del compito. In più, ci sono impedimenti interni. Le élite della sicurezza russa, i siloviki, non vogliono rinunciare alle bande di lunghezza d’onda più adatte al 5g. Ma l’unica azienda che potrebbe fornire un equipaggiamento economico che funziona su frequenze alternative è Huawei, un presunto gruppo elettronico cinese legato allo stato, di cui i siloviki diffidano tanto quanto i falchi della sicurezza in Occidente.
I pericoli e i vantaggi della rete
Il confronto tra Russia ed Europa è illuminante nell’approccio alla rete
Se l’obiettivo dell’Europa è di realizzare, anche mediante l’erogazione di ingenti investimenti pubblici la propria strategia di sovranità digitale, quello di Mosca è di creare una Rete nazionale in grado di resistere ad attacchi esterni rivolti alla sicurezza nazionale, dando vita a un’inedita frammentazione di Internet rispetto all’originaria struttura distribuita esistente.
Configurazione tripolare di Internet
Rispetto alla configurazione tripolare (distinta in una Rete autarchica di matrice statunitense finalizzata ad incentivare lo sviluppo del tessuto imprenditoriale mediante un approccio “soft”, cui si contrappone una “Rete Internet cinese”, come modello gestionale centralizzato per il perseguimento di obiettivi di sicurezza nazionale, oltre alla progressiva emersione di una “Internet europea” orientata alla promozione proattiva della concorrenza dei mercati digitali e alla protezione dei diritti dei consumatori/utenti/fruitori dei servizi telematici), si sta delineando una preoccupante frammentazione dell’ecosistema tecnologico per affermare il primato degli Stati nella propria strategia di sovranità digitale.
Digital cold war e gli strumenti per scongiurarla
Prendendo atto della centralità del controllo del cyberspazio come quinto dominio della guerra, fondamentale per le operazioni militari, in un crescente clima di tensioni, potrebbe anche esplodere una nuova “digital cold war”, all’insegna di attacchi informatici, azioni di cyber-spionaggio e campagne di disinformazione in grado di destabilizzare la tenuta degli ordinamenti democratici. C’è da chiedersi se, dopo l’avvento dei social non siamo già abituati a tutto questo, e con tanti anni di esperienza, dovremmo essere in grado di far fronte ai pericoli della rete, se non altro con un’arma infallibile: il buon senso.
La nostra guerra digital
L’arma infallibile è il senso critico, aver imparato a difendersi dalla disinformazione e dalle fake news (che non sono la stessa cosa). L’unica vera strada è sempre la cultura e l’informazione a 360 gradi, andarsi a cercare le notizie su più fronti, imparare a sintetizzare, a ragionare sui fatti, ascoltare senza pregiudizi le opinioni degli altri e i punti di vista diversi dal nostro. In alcune scuole di paesi avanzati (in Nord Europa) si insegna ai ragazzi a smascherare le fake news, a sviluppare il senso critico e a diventare cittadini consapevoli.
Tutto inizia a scuola, dietro alle guerre e quindi, anche alla pace ci sono idee maturate negli anni, influenze, senso critico, ragionamento, illuminazione o buio. In fondo, siamo sempre in guerra.
Fonti notizie: IlSole24ore, Agendadigitale
Rispondi