Le parole della guerra e quello che possono provocare alla nostra salute
A partire dal 24 febbraio, e probabilmente anche da prima una cosa è stata chiara: la guerra scoppiata in Ucraina si combatte su più fronti, corre veloce sul web, si gioca sulla comunicazione, sugli atteggiamenti, sulle parole e soprattutto sulle immagini. Le parole più usate sono bombe, guerra mondiale, guerra nucleare, conseguenze gravissime, sanzioni e poi ce ne sono tante altre, anche più fredde e crude. Così la guerra ha invaso l’economia, la nostra quotidianità, i mass media e l’informazione in generale.
Le immagini trasmesse in Tv sono forti e sicuramente documentano una grande tragedia, ma oltre venti giorni di violenza sono troppi, perfino per chi vive quella tragedia da lontano.
Altra protagonista è la comunicazione, la scelta delle parole, spesso delle minacce velate, dei paragoni con altri eventi o epoche storiche; tutto questo ad opera di due duellanti: Putin e Zalensky (e con l’aiuto di altri attori, figuranti, non protagonisti, spettatori ecc.).
Paolo Borzacchiello è un esperto di intelligenza linguistica applicata al business e dice alcune cose molto interessanti, su come leggere la forma comunicativa dei due leader.
Cosa dice in breve Borzacchiello in un’intervista a IlGiornale
Non solo armi.
La minaccia di Putin credo sia già concreta e ne stiamo già vedendo i primi effetti: basta pensare alla benzina o alle forniture di grano e di gas. Invito a riflettere sul termine conseguenze: il primo pensiero, per economia cognitiva, corre sicuramente a concetti come missili e guerra nucleare ma comprende anche scaffali vuoti al supermercato e prezzi della pasta triplicati.
La strategia di Zelensky è erfetta: location, look e gestualità, tutto molto coerente. E il suo precedente mestiere si evince con chiarezza. Poi dal punto di vista narrativo, funziona alla grande. Nominare Pearl Harbor e 11 settembre ha una presa emotiva molto forte su chi ascolta.
Putin cita tragedie che si ricollegano alla propaganda della ‘denazificazione’ e portano avanti il concetto di ‘non invasione’ e per questo l’analogia coi pogrom non regge. In Zelensky, invece, funziona tutto molto meglio.
Putin invia un messaggio chiaro: Tutto passa da lui, e deve essere chiaro il concetto: nessuno potrà convincerlo a cambiare idea.
Azzerando le distanze di ruolo, Zelensky lavora sull’empatia: quando esorta l’Europa a mandare aiuti e armi, lo fa dal basso, vestito come chi sta combattendo la battaglia. Questo attiva nel cervello di chi lo guarda e lo ascolta una reazione empatica molto forte. Anche lui è credibile nel suo ruolo. Se questo fosse uno spettacolo teatrale, direi che nella narrazione offerta ai media (che è una versione parziale e ristretta della storia), protagonista e antagonista sono molto ben definiti, in ogni dettagli.
Il dizionario militare utilizzato dalla Nato e ripreso anche in Italia dal 28° reggimento, che si occupa di propaganda e comunicazione afferma che – Le operazioni psicologiche sono operazioni pianificate per veicolare informazioni ed indicatori selezionati ad un pubblico straniero, per influenzare le loro emozioni, motivazioni, ragionamenti oggettivi e, in ultimo, il comportamento dei governi stranieri, come di organizzazioni, gruppi ed individui.
L’informazione è sempre mediata, usando parole diverse, modificata in base a ciò che si vuol far risaltare.
Le scelte comunicative della Cina sono, come sempre, ambivalenti, criptiche, lasciano intendere cose che poi possono casomai essere ritrattate. Sembra che aspettino di vedere da che parte penderà l’ago della bilancia.
Nei giorni scorsi Kamala Harris si è messa a sghignazzare quando una giornalista le ha chiesto dei profughi ucraini. Solo una gaffe?
A certi livelli, non dovrebbero esistere certe gaffe. Punto. Anche perché, se ricordate, non è la prima volta che succede. Ridere in certi contesti, come fa anche il nostro ministro degli Esteri che sghignazza mentre si definisce animalista e definisce Putin animale è, semplicemente, inopportuno. E, mi si consenta, offensivo.
Cosa accade alla nostra salute se non impariamo a sviluppare il pensiero critico?
Battaglia, combattere, sconfiggere e così via sono termini metaforici che attivano reazioni di stress e reazioni comportamentali molto forti. Andrà tutto bene e essere positivi sono concetti che lasciano il tempo che trovano, solo belle parole. Serve il pensiero critico, anche solo per, magari, abbassare di un grado il riscaldamento di casa. Piuttosto, rilevo che la parola guerra è stata usata male e a sproposito durante la Pandemia, periodo storico in cui i nostri politici, dal punto di vista anche comunicativo, hanno davvero dato il peggio di sé. Basti pensare che parlare di ‘guerra’ attiva nel corpo umano la produzione di cortisolo, sostanza che può provocare difficoltà respiratorie e depressione. Cosa che, in Pandemia, si sarebbe anche potuta evitare.
Pensiero critico: Aiutiamo noi stessi
Eventi come la pandemia e la guerra provocano anche in chi non le vive in prima persona un aumento di stress emotivo difficile da gestire. Per questo motivo, prima di aiutare gli altri, bisogna aiutare se stessi. Guardare troppe ore la tv e le immagini di guerra può destabilizzare chiunque, la guerra è un evento inconcepibile per la mente umana, non è mai possibile avere sufficienti riserve e difese contro una tale atrocità.
Chi paga le conseguenza delle guerre è ormai cosa nota. Di certo gli attori principali lavorano con la propaganda e le parole, anch’esse violente e comprese in una strategia ben studiata, per colpire, impressionare, suscitare emozioni, paure e instabilità emotiva. I potenti pensano alle mosse e agiscono in base a determinati fattori, proprio come si gioca a scacchi. Le parole che tanto spaventano fanno parte delle mosse. Impariamo a distaccarcene e a sviluppare il pensiero critico, il quale ci aiuta a tenera a bada ansia e paure, spesso ingiustificate o comunque più grandi di quanto siano nella realtà. Impariamo a leggere fra le righe, a verificare le notizie, a capire quando la comunicazione diventa retorica o racconto a senso unico. Impariamo a crearci una nostra idea delle cose, ascoltando più versioni, ma senza mai dare nulla per scontato e mai sposando una causa senza se e senza ma.
Pensiero critico: Cos’è?
Il pensiero critico è la capacità di saper analizzare informazioni, situazioni ed esperienze in modo oggettivo e razionale, separando a realtà dalle proprie impressioni o pregiudizi. In altre parole pensare in modo critico, significa riconoscere i fattori che influenzano pensieri e comportamenti propri ed altrui e quindi rimanere lucidi.
Perché è importante il pensiero critico?
Il Pensiero Critico è importante perché aiuta a ragionare con la propria testa e, in alcuni contesti è la capacità di saper guardare le cose da più punti di vista, essere obiettivi e analizzare le cose ma anche i propri stati d’animo. Il pensiero critico aiuta a fare scelte giuste e a non ingigantire problemi e situazioni.
Si può imparare il pensiero critico?
Essere critici verso se stessi e verso le situazioni in generale è qualcosa di innato, spesso alcune persone sono dotati di buon senso e senso critico, come dote personale. Tuttavia, è possibile sviluppare ed esercitare il pensiero critico affinché regni nella nostra vita e influenzi le nostre scelte.
I primi passi da fare possono riassumersi come segue:
- Interrogarsi su cose e persone;
- Analizzare il comportamento e il ragionamento di altri;
- Imparare a leggere fra le righe;
- Diventare buoni osservatori;
- Informarsi bene e da più fonti
Un importante esercizio che possiamo fare è proprio quello di leggere più giornali o guardare più Tg. I mass media sono sempre soggetti a filtri, e potrebbe essere interessante captare le diverse sfumature con cui raccontano le medesime notizie.
Robert Ennis articola il pensiero critico su tre strategie:
- la capacità di riflettere, senza affidarsi a giudizi impulsivi
- la capacità di motivare, ovvero farsi e fare domande
- la capacità di cercare alternative, analizzando le soluzioni possibili per il raggiungimento di un obiettivo
Generalizzazione, pregiudizi, guardare le cose da un solo punto di vista sono nemici del pensiero critico. Al contrario, cercare l’empatia con le persone, cercare di comprendere più punti di vista, adeguarsi a ciò che accade, accettando i cambiamenti, adottare prospettive diverse, praticare il cambiamento come motore per risolvere i problemi – sono alcune delle azioni che compie chi ha sviluppato il pensiero critico.
Rispondi