Raffaello Sanzio, protagonista del Rinascimento meridionale

Raffaello Sanzio (1483-1520), cresce a Urbino nella corte dei Montefeltro. Resta orfano giovane.
Svolge la sua attività a Città di Castello e a soli quindici anni gestisce da solo la bottega del padre.

Secondo alcune fonti, pare che sia stato apprendista proprio nella sua bottega, un tale Andrea Sabatini, chiamato il Raffaello di Napoli, pittore campano poco noto.

Andrea Sabatini nasce in territorio salernitano. L’artista campano si recò più volte in Umbria proprio per poter studiare le opere di Raffaello. Inoltre, Sabatini fu scelto da Raffaello tra il gruppo di pittori che avrebbe decorato le stanze vaticane.

A influenzare Andrea Sabatini furono diversi artisti del calibro di Cesare da Sesto, allievo di Leonardo e poi gli spagnoli Pedro Machuca (in questi giorni presente alla mostra di Capodimonte – Gli Spagnoli a Napoli – Il Rinascimento meridionale, in particolare con il dipinto – La Sacra Famiglia con San Giovannino 1519-1520) e Alonso Berruguete, anch’egli presente alla mostra – dipinto – Salomé con la testa del Battista.

All’interno della mostra – Gli Spagnoli a Napoli – si legge:

La mostra racconta un capitolo poco noto della storia del rinascimento europeo: la breve stagione, dal 1503 al 1535 circa, in cui l’Italia meridionale entra a far parte dei domini della Corona di Spagna, perdendo la propria indipendenza politica, ma vivendo un momento di grande fioritura culturale e artistica.

Nel 1503, Conzalo Fernàndez de Còrdoba, il “Gran Capitano”, entra trionfalmente a Napoli dopo avere sconfitto ripetutamente i francesi e assume il governo con il titolo di viceré. Nel 1516, con la morte di Ferdinando il Cattolico, il Regno passa al nipote Carlo d’Asburgo, il futuro imperatore Carlo V che, respingendo un ulteriore attacco francese condotto nel 1528, renderà stabile il dominio spagnolo, destinato a durare per due secoli. Negli stessi anni, nel Meridione d’Italia si diffonde quella che Giorgio Vasari chiama la “maniera moderna”, la grande arte fondata sulla rivoluzione compiuta da Leonardo, Raffaello e Michelangelo. Si apre una stagione molto fervida, in cui convivono e collaborano artisti locali e immigrati, soprattutto spagnoli, destinati a un grande futuro.

Questa storia non è molto conosciuta. La città di Napoli, la più popolosa d’Italia, e il suo Regno, un territorio pari a circa un terzo della Penisola, sono spesso poco considerati nei libri di più ampia diffusione sulla storia della cultura e dell’arte del rinascimento. La mostra si propone di far conoscere a un vasto pubblico opere e artisti rimasti troppo a lungo entro la nicchia degli studi specialistici.

Raffaello Sanzio

Agli inizi del Cinquecento, Raffaello è tra gli artisti più richiesti in Umbria; dopo brevi soggiorni a Firenze e Roma, raggiunge Pinturicchio (1454-1513) a Siena e realizza alcuni cartoni destinati agli affreschi della Libreria Piccolomini.

L’arte di Raffaello fu di grande importanza per lo sviluppo del linguaggio artistico che influenzò per decenni tutta l’Europa. La sua bottega, ereditata dal padre era frequentata da abili professionisti di varie discipline.

Rinascimento meridionale e La Madonna del pesce

Per una cappella in San Domenico Maggiore, Raffaello dipinse la Madonna del Pesce su committenza di Giambattista del Doce, intorno al 1514. La tavola, raffigura una sacra conversazione con Madonna col Bambino su un trono rialzato, l’arcangelo Raffaele con Tobiolo e san Girolamo con il leone addomesticato, deve il suo nome al pesce che Tobiolo (il fanciullo inginocchiato) ha in mano, riferimento biblico al pesce velenoso con la cui bile il giovane avrebbe guarito il padre dalla cecità.

La mostra – Gli Spagnoli a Napoli Il Rinascimento meridionale (per l’occasione La madonna del pesce torna a Napoli in prestito dopo 400 anni) – vuole raccontare uno dei periodi più felici e poco noti della scena artistica napoletana, che va dal 1503 fino al 1532 (sarà poi l’assedio francese del 1528, con la grave crisi politica che seguì, a interrompere quella felice parentesi). Il matrimonio con il museo di Madrid, dove l’opera è custodita ha permesso il prestito reciproco di opere importanti per decifrare quanto avvenne in quel contesto.

L’influenza dell’opera di Raffaello a Napoli

A Napoli, la Madonna del pesce ha delineato quella maniera raffaellesca che diede il l’avvio alla pittura rinascimentale.

Nella sua lettera a Marcantonio Michiel, l’umanista Pietro Summonte la descrive per la prima volta nel 1524: nella cappella resterà per tutto il XVI secolo e ancora fino al 1638, quando nella città assoggettata alla dominazione spagnola che aveva istituito il Vicereame di Napoli la tavola fu trasferita in Spagna dal viceré Ramiro Núñez de Guzmán, duca di Medina. Nel 1644 l’opera sarebbe entrata nelle collezioni reali di Filippo IV e destinata al monastero di San Lorenzo all’Escorial.

Recentemente – non prima di un passaggio a Parigi tra il 1813 e il 1822, l’opera di Raffaello fu trafugata dalle truppe napoleoniche e trasferita da tavola a tela. Il quadro è confluito nelle collezioni del Museo del Prado, a Madrid (al Museo del Louvre – Parigi, invece è conservato il Ritratto di Dona Isabel de Requesens, Viceregina di Napoli, che dipinse sempre Raffaello per la corte partenopea, nel 1518)

La trafigurazione – Raffaello

La trasfigurazione, l’opera rappresentata nell’immagine principale di questo articolo fa parte delle collezioni dei Musei Vaticani. Esposto al pubblico nella Pinacoteca Vaticana, nella sala VIII dell’edificio, questo dipinto unisce due diversi passi del Vangelo, quello della trasfigurazione di Cristo e quello del giovane affetto dal morbus lunaticus da cui gli apostoli provano invano a scacciare il demonio che lo possiede. Solo Gesù, sceso dal Monte Tabor, riuscirà a liberarlo. Trafigurazione 1518-1520, tempera grassa su tavola, 405 x 278 cm – Città del Vaticano.

Fonte Immagine: Arte.it

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