A chi conviene negare il cambiamento climatico? Cos’è il negazionismo e quali sono le sue radici, ha fondamenta politiche?
Il negazionismo è una forma di revisionismo storico, che nega alcuni avvenimenti, in particolare del periodo nazista e fascista e della seconda guerra mondiale. Oggi, ha assunto altri significati, con la nascita di altre guerre, con la pandemia e i vaccini e infine, con il cambiamento climatico.
Il nostro interesse è scoprire quali sono le ragioni che spingono persone, giornalisti e politici a negare alcuni fatti ed avvenimenti. E’ evidente, oggi, forse più di altre epoche, una netta contrapposizione tra due forze. Infatti, vi sono diverse correnti di pensiero, ma impariamo a interpretarle, lasciamoci conquistare anche da qualche dubbio, che aiuta in questi casi, più di altre cose. Soprattutto impariamo a ragionare e a individuare le caratteristiche di un pensiero come di un altro. E inoltre, chiediamoci quale sia il fine di un ragionamento, perché alcuni tentano con ogni mezzo di avallare una convinzione piuttosto che un’altra.
Le caratteristiche del negazionismo
Inutile girarci intorno, come orientamento politico, possiamo, senza alcun dubbio affermare che in generale chi nega, è più vicino a visioni di destra. Bisogna poi capire cosa si nega, perché se si nega l’evidenza, non c’è parte politica che tenga.
Generalmente non si considerano l’evidenza e i dati scientifici, oppure si cerca di trovare delle falle proprio nella scienza. Tutti sappiamo che nemmeno la scienza è esatta, come la medicina, la psicologia e tante altre discipline. Partiamo da questo dubbio, senza cancellare secoli di scoperte e conquiste, senza le quali probabilmente, oggi, si morirebbe anche per un banale raffreddore. Ma il mondo delle scoperte e del progresso non riguarda solo la medicina e la ricerca scientifica.
La domanda più naturale è la seguente: A chi conviene negare?
Ormai sono anni che gli scienziati mettono in guardia dai rischi della crisi climatica, con dati alla mano. Se ciò che dicono (frutto di studio) non corrisponde al 100% alla verità, ma fosse vero solo all’80%, al 60% o al 50%, la domanda resta: Che senso ha negare la crisi climatica? Per quale ragione farlo con tanto accanimento, liquidandola come una bufala?
Come sta cambiando il clima?
Servono studi e ricercatori, dati scientifici? Noi, forse non ce ne siamo accorti? La scorsa estate, al Sud Italia si sono toccati picchi di 45 gradi: Nel siracusano, i 48,8°. Si tratta di un record assoluto a livello europeo. E nella Death Valley americana, il termometro ha toccato i 54,4 gradi. Eppure, mai come oggi, il negazionismo climatico è diventato un tema diffuso, popolare e chiaramente divisivo. Molti giornalisti fanno una continua e assidua campagna mediatica contro chi imbratta le opere d’arte, contro chi crea allarmismo, contro chi fa scelte green, perché la vita comoda con tutti i confort è più bella, perché rinunciare?
Il ragionamento del negazionismo climatico
Se il cambiamento climatico esiste, non è certo causato dall’uomo – è quanto affermano i negazionisti. Secondo il loro pensiero, qualsiasi soluzione alla crisi climatica non deve alterare il nostro stile di vita: vale a dire come, quanto e cosa consumiamo. Consumismo come dogma. Il fatto è evidente: La posizione sul clima della comunità scientifica è quasi unanime.
Chi condivide le idee negazioniste fa spesso riferimento a una teoria della cospirazione del riscaldamento globale. Tale pensiero sostiene che la scienza dietro il cambiamento climatico è stata inventata per ragioni ideologiche o finanziarie ed è quindi, una bufala. L’idea del complottismo è supportata da rapporti scettici sul riscaldamento globale: secondo una ricerca scientifica del 2016, più del 90% dei documenti dubbiosi sul climate change provengono da think tank vicini ad ideologie conservatrici. Infatti, numerose ricerche collegano il negazionismo sui cambiamenti climatici ad eletti ed elettori di partiti populisti di destra. Considerando la loro percezione, il ‘verde’ (inteso come green economy) è il nuovo ‘rosso’. Si tratta, secondo la loro idea, di una evoluzione della minaccia socialista all’attuale sistema economico. Basti pensare a Donald Trump, che più volte sui social ha detto, che ilo cambiamento climatico è una bufala.
Il mondo dell’informazione e le sue posizioni sul clima. Abbiamo già trattato il tema, le lobby delle industrie fossili e le multinazionali, che hanno una enorme responsabilità nell’inquinamento e nel riscaldamento globale hanno capito che vi è un movimento in crescita, che vuole salvare la natura e il creato, che combatte insomma, contro ciò che invece a loro genera denaro.
Il mondo dell’informazione dovrebbe essere onesto intellettualmente, ma non è così sempre. Molti giornali e giornalisti ricevono sussidi, proprio dai grandi del fossile, che uccidono l’ambiente. Per cui, dietro certe posizioni conservatrici, dietro la negazione dell’evidenza c’è fuffa, ma tanti interessi economici.
Il movimento Fridays for Future insieme ad altri, sostengono azioni che spingano le aziende a superare la logica del profitto per il bene comune. In molti casi, le aziende adottano politiche più green, anche perché hanno compreso che si tratta di un problema reale, e soprattutto perché il loro pubblico/clienti glielo chiede. Il grande movimento contro il riscaldamento globale è sostenuto dalla comunità scientifica e da molte istituzioni internazionali.
Il giornalismo e gli opinionisti si allegano con l’industria del fossile, coniando nuove accuse. L’imbrattamento delle opere d’arte, ad esempio, è un alibi per spostare l’attenzione sul fatto che l’arte non si tocca, e chi lo fa è un delinquente.
Slogano come ‘Verde è rosso – Fermiamo l’eco-comunismo!’ sono titoli del manifesto del norvegese Andres Breivik, l’estremista di destra che nel 2011 uccise 69 ragazzi in un campeggio estivo.
Un altro negazionista è Nicola Porro. Nel suo sito web e nelle sue trasmissioni su Mediaset grida spesso al complotto, alle follie green, e al fatto che è assurdo pensare come i comportamenti umani possano contribuire al cambiamento climatico. Interessi economici e interessi politici qui vanno a braccetto.
La storiella del “Siamo tutti responsabili”
Gli studiosi del cambiamento climatico hanno già dimostrato che le strategie per combatterlo, riassunte nei termini “mitigazione” e “adattamento”, dipendono da concrete riforme politiche. Deviare il discorso verso ciò che dovrebbero fare gli individui minimizzando, invece, il ruolo della politica è una delle strategie del negazionismo climatico.
L’informazione che trasforma la realtà
Un esempio di informazione malata riguarda le notizie circolate durante la siccità che ha colpito l’Italia nell’estate 2022. Nei mass media giravano immagini del Po completamente secco. Dopo le notizie e soprattutto le immagini, arriva il dibattito, che sposta l’attenzione sulla responsabilità di tutti, elargendo consigli su come consumare poca acqua, come fare docce brevi, mangiare verdure.
Per portare avanti queste strategie sono necessarie tecniche molto sottili e subdole, che mirano sempre a screditare la ricerca scientifica. Tali strategie possono essere riassunte nell’acronimo FLICC, coniato da John Cook, dottore in computer science e creatore del videogioco “Cranky Uncle” pensato per insegnare le tattiche di negazionismo climatico.
Fake experts (falsi esperti): consiste nell’utilizzare una persona o un’istituzione non qualificata come fonte attendibile. Un esempio è quello della lettera di 1200 scienziati e scienziate che negano l’esistenza del cambiamento climatico. Nessuno (o quasi) tra i personaggi firmatari del documento era competente in climatologia.
Uno dei negazionisti climatici italiani più ostinati è Franco Battaglia. Come si legge su Climalteranti raggiunta la pensione, dopo una produzione scientifica inesistente per quanto riguarda i temi del clima e dell’ambiente, ora scrive per La Verità e il blog del giornalista Nicola Porro. Per lo più intervista altri negazionisti climatici nazionali e internazionali, ripete le stesse tesi infondate sul clima, quasi sempre ridotte a discorsi da bar.
Il giornalista Nicola Porro ha spesso attaccato Greta Thunberg per le sue posizioni ambientaliste, provocando molti commenti di haters sui social. Odia la plastica, tutta, perché dice che sporca, salvo farsi beccare in treno circondata da plasticume mentre consuma un pasto o immersa tra la plastica sulla barca da regata con cui insieme al padre ha attraversato l’Oceano Atlantico destinazione Stati Uniti per un summit Onu – le parole del conduttore televisivo.
Maurizio Belpietro non è da meno. Permettere all’industria di continuare con le emissioni, insomma, non solo non sarebbe un problema, ma un vero e proprio affare – secondo gli esperti intervistati e ospitati sul suo giornale. Solo che poche pagine oltre l’intervista a uno di questi esperti, il quotidiano diretto da Maurizio Belpietro ospita la pubblicità di quello che è considerato proprio il più grande emettitore italiano di gas serra, ovvero la multinazionale petrolifera ENI.

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