Perché le aziende spostano la produzione dall’Italia ad altri paesi? Jobs Act, incentivi, agevolazioni fiscali e una politica che cerca di creare nuovi posti di lavoro forse non basta; in tutto questo vi è qualcosa di profondamente sbagliato. Fra pochi giorni l’ennesima azienda chiude o meglio delocalizza in Slovacchia: Embraco gruppo Whirlpool.
La storia che si ripete è quella di un vecchio copione; molte aziende, infatti, in passato hanno delocalizzato dopo aver incassato incentivi e usufruito di agevolazioni fiscali: Fiat, Benetton, Ducati, Geox, Bialetti, Omsa, Rossignol, Calzedonia, Stefanel, Telecom, Sky Italia, Vodafone e Wind con i loro call center in Albania e Romania, Magneti Marelli, Michelin, Golden Lady. Bisogna considerare i fornitori e i prestatori di servizi collegati ai grandi marchi più conosciuti che hanno dovuto, anch’essi chiudere i battenti, per comprendere la vastità del danno all’economia italiana che certe operazioni provocano.
Il recente caso di Embraco ha portato alla ribalta un antico problema. Embraco sposterà la produzione in Slovacchia perché è più conveniente fare impresa in una repubblica che vuole attirare capitali dall’estero, in vista di una espansione della sua economia. Per questo la Slovacchia offre forti incentivi a chi crea impresa e agevolazioni fiscali. Embraco ha ricevuto oltre 4 milioni di euro dal governo italiano con un primo trasferimento avvenuto nel 2004 e un secondo nel 2012, per finanziare un “frigorifero extralusso”. Il Ministro dello sviluppo economico Calenda, per scongiurare i 497 licenziamenti in vista è volato a Bruxelles, dove gli hanno assicurato che controlleranno ogni cosa, oltre alla provenienza dei fondi. La commissaria alla concorrenza Margrethe Vestager sta valutando se il trasferimento in Slovacchia vada contro le regole europee della concorrenza. Il caso Embraco è emblematico, ma non è purtroppo l’unico.
Oltre alle norme europee, bisognerà fare un’attenta analisi della legge italiana, nello specifico dell’art. 41 della Costituzione italiana che stabilisce quanto segue:
“L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata ai fini sociali”.
Alcune correnti di pensiero affermano che con “dignità umana”, ci si riferisca alla diseguaglianza di trattamento per sesso, razza, religione; un’interpretazione della norma che si riferisce alla discriminazione. Non è così, i dipendenti di Embraco gruppo Whirlpool saranno licenziati tutti, senza alcun elemento discriminante. Molti dubbi per l’interpretazione dell’art. 41 restano sull’iniziativa libera, indirizzata e coordinata ai fini sociali.
Perché le imprese italiane delocalizzano?
In Italia vi è troppa burocrazia, la giustizia è lenta, la tassazione è eccessiva, salari bassi, la pubblica amministrazione non funziona e infine il governo italiano concede incentivi, senza ricevere garanzie. Nel 2012 Camillo Sborgia, consigliere provinciale dell’Idv lanciò una proposta/provocazione: “non acquistate più prodotti di aziende che hanno deciso di trasferire i loro stabilimenti all’estero”. Un esempio, forse questo di una politica che scende in campo dalla parte dei cittadini. I provvedimenti che il governo potrebbe adottare sono tanti: obbligare le aziende che ricevono incentivi statali a restare in Italia attraverso accordi speciali, rendere la pubblica amministrazione e la burocrazia più semplici. Il governo italiano potrebbe istituire un fondo per creare imprese che producano gli stessi prodotti di chi delocalizza, decidendo una sorta di embargo: “tu in Italia non vendi più nulla, delocalizza la produzione e delocalizza anche le vendite“. Il consigliere regionale dell’Italia dei Valori aveva davvero torto?