Fake friend? Made in Japan. La tua vita social non ti soddisfa? hai bisogno di affetto? Nessun problema, ci sono agenzie che pensano davvero a tutto.
I sondaggi parlano chiaro, almeno in Italia e in gran parte d’Europa è proprio così: sempre più single e più persone sole. Però in Giappone gli affetti si affittano. Pare che sia in atto una grande rivoluzione legata ad un business sempre in crescita. Anche in Giappone sembra che il fenomeno della “solitudine” sia proporzionale allo sviluppo industriale ed economico. Che la solitudine fosse un potenziale business, a questo nessuno ci aveva mai pensato. Che l’apparenza diventasse qualcosa da coltivare e addirittura su cui investire era impensabile fino a poco tempo fa.
Chissà se è il caso di disperarci, di essere tristi o felici pensando ai numeri di questa tendenza.
Negli ultimi tempi si è parlato molto anche di “uteri in affitto”, ma la mente umana ancora non era arrivata ad immaginare che si potessero fare affari addirittura sui sentimenti.
Nel paese nipponico vi è una tasso di natalità fra i più bassi al mondo. Da molti anni questa tendenza è anche italiana, tanto è vero che i governi spesso hanno tentato di attuare politiche a sostegno delle famiglie tradizionali. Ma di famiglia “vecchio stile”, con mamma, papà e figli ce ne sono sempre di meno. Il modello familiare ha subìto notevoli cambiamenti; vi sono spesso famiglie allargate (all’interno delle quali possiamo trovarci di tutto), gran parte della popolazione è composta da persone anziane, si fanno sempre meno figli e il numero dei single è notevolmente cresciuto.
Non si scommette più sulla famiglia? Non ci si mette in gioco, non si azzarda più l’amore?
Mentre ci poniamo questi interrogativi filosofici, in Giappone sono nate imprese che stanno riscuotendo un grande successo, le “Rent a family”; si tratta di agenzie dove si possono noleggiare gli affetti o meglio “finti affetti”.
In coerenza con questo trend nelle “Rent a family” è possibile trovare un fidanzato di facciata per accontentare i genitori, un nonno che stia con i bambini, un papà, una mamma, un fratello o una sorella dove non ci sono.
Per comprendere la portata del giro d’affari, si parla di 500 milioni di yen all’anno (difficile quantificare – basti pensare che 1.000 yen corrispondono a € 7,69) fatturati da “Family Romance”, una delle prime agenzie dei parenti in noleggio. 1500 sono i collaboratori che lavorano su tutto il territorio nazionale (si tratta di persone comuni o addirittura di attori). Queste persone sono disponibili per diventare ciò che vogliamo.
Le agenzie servono anche per rilanciare la propria immagine sui social ed anche questo è made in Japan. Può accadere di avere poche idee, pochi amici e pochi selfie.
Il dramma si risolve noleggiando amici, rigorosamente “fake”, con i quali lasciarsi fotografare a cene, viaggi ed eventi in modo da assicurarsi che la reputazione-immagine social goda di buona salute. Questo perché con l’avvento dei social, dare l’immagine di una vita ok, di essere ok , di fare cose ok e che tutto va ok è ovviamente OK; la realtà passa in secondo piano.
Come si utilizzano le nuove idee e i nuovi strumenti, questa è la cosa più importante. Le agenzie che aiutano ad essere più social o ad apparire migliori, che si propongono di risolvere il problema della solitudine sembrano una parodia, l’esasperazione di qualcosa che ci sta sfuggendo di mano. Probabilmente nate con buoni propositi, c’è da chiedersi come mai ci sia stato un boom di richieste; come mai fanno tanti affari?
Oggi vi è una ricerca costante dell’immagine e dell’apparire ad ogni costo; è importante dare un segno della propria esistenza: se non sei social, se non comunichi che sei vincente non esisti.
Si potrebbe, invece scavare nei motivi profondi della nascita di queste agenzie e realizzare che potrebbero svolgere una funzione sociale importante: quella di fare da collocamento fra chi ha bisogno di compagnia e chi è disposto a dare una mano all’altro. Tutto questo dovrebbe essere gratis e non costoso o a buon mercato.
D’altra parte la famiglia tradizionale potrebbe essere qualcosa di costruito, se si guarda da un altro punto di vista. Viviamo in una società che ha standardizzato tutto: bisogna sposarsi, bisogna avere figli e nipoti, la famiglia “normale” è quella composta da due genitori e figli e così via. Lo standard potrebbe esistere solo nella nostra mente e i mutamenti ce lo stanno comunicando ampiamente. Da secoli la società ci vuole imporre modelli; probabilmente oggi c’è bisogno di cambiare, in meglio però, con umanità; è quella che dovrebbe essere uno standard.
I social sono solo uno strumento che dovrebbe aiutarci a vivere bene e a sfruttare al meglio le opportunità che la vita reale ci offre.
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