Racconti descrittivi

Alcuni racconti, al di là della trama sono molto descrittivi. Rappresentare un luogo, soffermandosi sui dettagli, per alcuni potrebbe sembrare un inutile indugiare. In realtà, si tratta di un vero e proprio stile

I Giardini di Amalia di Bianca Monti, edito da CTL Editore è uno di quei racconti che sembra perdersi fra le descrizioni, mentre la storia scorre quasi in sottofondo. Si tratta solo di un’impressione.

Negli ultimi anni si è assistito a un boom di nuovi lettori, soprattutto fra i giovani, e questo fa ben sperare. Leggere è un atto importante verso l’indipendenza.

La trama

Quando si è bambini persino un giardino può diventare un universo e i suoi confini sono difficili da oltrepassare, Amalia è ancora una bambina quando per la prima volta vede Sasà, un ragazzino minuto con due grandi occhi neri che, immobile come una statua le appare dietro al cancello del suo giardino. Sasà è tanto risoluto quanto taciturno e nonostante i suoi silenzi riuscirà ad aprire un varco nella dorata solitudine di Amalia.Tra i due bambini si crea un legame forte sin dalle prime occhiate, soprattutto quando Sasà troverà il coraggio di scavalcare quel cancello, un gesto semplice e deciso che sigillerà la loro amicizia. I due bambini crescono insieme senza soffocare le proprie personalità ma compensandosi ed arricchendosi nello scontro e nel confronto diventando ognuno la parte mancante dell’altro. Nelle loro vite entrerà prepotentemente Pamela, una ragazza dal carattere apparentemente deciso e frivolo, così diverso dai due bambini ormai diventati ragazzi. I tre adolescenti uniranno le loro solitudini alla ricerca della propria identità, del loro significato e di un loro posto nel mondo. L’amore amicale si confonderà con quello tra uomo e donna negando l’intimità che merita. Il destino non attende, è un attimo. Ma l’amore vince e nel buio resta la luce della consapevolezza che nessun potere ha la morte quando una persona continua a viverci dentro.

Il racconto di Bianca Monti inizia così:

La casa, appollaiata sulla morbida rotondità della collina, osservava composta il paese. Viuzze, strette e scivolose, conducevano indifferentemente al mare. Quelle che portavano alla cima del monte bisognava conoscerle bene altrimenti c’era il rischio di perdersi e finire in compagnia di quelli che nessuno trovava più. Procedendo verso l’alto la vegetazione s’infittiva e avvolgeva costringendo i movimenti e il respiro.

e continua…

Chi torna all’isola, anche se è costretto ad attraversare mezzo mondo per raggiungerla, solo nel tratto finale, mentre solca il mare, vive il vero viaggio, quello dentro di se.

“Erano giorni felici e non lo sapevamo” aggiunge Amalia. Il mondo, distratto dal battito di ali di un uccello, allontana per un attimo lo sguardo dalla scena; quando ritorna al luogo di partenza, tutto è cambiato

La scrittrice si alterna al narratore, entità esterna e rivelatrice, poi le vicissitudini dei protagonisti si sovrappongono a quel battito d’ali (presente a più riprese nel racconto) che per un attimo distrae il mondo dalla scena. La descrizione dei luoghi danno l’impressione al lettore di vivere quei luoghi: Il racconto per immagini.

La sofferenza soffoca la logica, rende difficile la comunica- zione, immobilizza, inibisce qualsiasi comportamento ragio- nevole e trasparente. Il dolore inespresso si nasconde dietro le pareti dell’orgoglio, pareti di cartone a cui non si appendereb- be nessun quadro.

Bianca Monti in questo racconto riesce a coniugare l’immagine e la storia. I personaggi si sviluppano attraverso tutto il racconto, delineando caratteri e tormenti. Anche il destino fa capolino, e l’empatia, il riconoscersi delle anime. Infine, il simbolismo: gli alberi, i giardini, la natura, l’arrampicarsi sui rami per vedere il panorama, fa quasi pensare a – Il barone rampante – di Italo Calvino.

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